Dodicesimo post con una proposta editoriale in miniatura (incipit, breve estratto del lavoro scelto dall’autore, quarta di copertina, biografia. In tutto 4500 battute).
Queste le indicazioni per chi vuole inviare il proprio lavoro.

L’eredità di Piteas

di Francesco Gioia

IV secolo a.C.
Africa nord occidentale, sponde del Muluchat, terra dei mauri

Ammirava la fierezza e il fascino di quell’aspetto e l’eleganza delle vesti. Seguiva i movimenti della donna con occhi pieni di un amore indomito, mai sopitosi in quegli anni di forzato distacco. Un destino crudele lo aveva tenuto lontano dalla grazia di quell’essere che aveva sempre adorato e che ora, come in una giostra impazzita, glielo stava riconsegnando alla vista. La fissava, dimentico di qualsiasi emozione che non fosse il bearsi di quella visione. Si sentiva come un disperso nel deserto che, raggiunta finalmente l’oasi, non smetta mai di bere.
Lei sedeva su una grossa pietra levigata, sulla riva destra del fiume, intenta a osservare con apparente serenità le attività di una decina di serve. Costoro, tutte al suo servizio, erano occupate a lavare i panni del suo considerevole corredo.
Era una donna molto ricca e apprezzata. Occupava una posizione di primissimo piano nella scala gerarchica del villaggio mauro a cui apparteneva. Era rispettata e amata per l’indole benevola e per l’umanità che non lesinava, soprattutto a vantaggio dei più bisognosi.
Ma era anche molto temuta per via del potente marito, il lemmas, rinomato per la sua spietatezza.

Brano scelto dall’autore

Restò attonita, pervasa da quel senso terribile che avvolge l’animo umano nel subire un’aggressione in casa propria da parte di uno sconosciuto.  Ma l’intensa sgradevolezza si affievolì grazie al calore di quella voce. La cosa che la sconcertò fu che quella voce aveva un che di familiare… di incredibilmente familiare!
Quando lo sconosciuto si convinse che la donna sarebbe rimasta presente a se stessa, le liberò la bocca dalla stretta, allontanando la mano con delicatezza e accarezzandole una guancia. Niseta allungò la testa dietro di sé per guardarlo e senza che l’uomo facesse nulla per contrastarla. Si mise a fissare l’individuo che manteneva il capo basso. Notò le povere vesti da disgraziato, che stonavano con la risolutezza della voce e la robusta presenza.
Attese, come quando si aspetta il manifestarsi di un prodigio, che l’intruso rialzasse lo sguardo. Cosa che quello fece lentamente, molto lentamente.
Fra i capelli arruffati e sporchi e la barba che, come una coltre, gli copriva gran parte del volto, Niseta riconobbe la luce di due occhi che non poteva non riconoscere e che non poteva aver dimenticato.

Quarta di copertina

IV secolo a.C.

Africa nord occidentale: Okuk, un grande guerriero, dopo incredibili peripezie patite nella polis greca di Taranto, vuole fare ritorno nella terra dei mauri, la sua terra, lungo il fiume Muluchat. Tanti anni prima, l’odio e l’invidia del potente numida Kajena lo privò di tutto: la libertà, l’amata Farenda, la serenità della vita del suo villaggio. Tutti lo credono morto da tempo. Ma lui è vivo. A tenerlo in vita, per tutto quel tempo, non è stato solo il desiderio di far ritorno a casa, ma anche, e soprattutto, il sapore acre della vendetta…

Isole Cassiteridi, nord dell’Europa, terra dei pitti: Dopo il vano tentativo compiuto, diversi anni prima, da un contingente greco di riportarla a Taranto, la sua città d’origine, la splendida Gudrid vive, felice da tempo, con il suo Saemundr. Erano riusciti a fuggire dalla reggia in fiamme dell’amato re Nisodio, loro padre adottivo, e dalla guerra civile divampata a Dumnonia e causata da Castom, il perfido capo clan del Serpente.

Saemundr regna da capo indiscusso e rispettato da tutti, ma l’equità e la saggezza del suo governo stanno per essere messe a dura prova dalla ribellione guidata da Rotar che, come un tarlo, rischia di divorare l’integrità e la coesione del popolo pitto. Ma chi è questo Rotar, chi si cela fra le mentite spoglie di questo ineffabile ribelle? La realtà sarà dura da accettare.

I due principali personaggi della storia, Gudrid e Okuk, non si conobbero mai. Le loro esistenze, però, rimasero avvinte, a loro insaputa, da una catena invisibile rappresentata dalla polis greca di Taranto, la“perla” della Magna Grecia, a cui l’una, pur essendone originaria, non fece mai ritorno e da cui l’altro cercò invece, disperatamente, di allontanarsi.

Brevi note biografiche

Sono nato a Taranto e risiedo a Bologna dal 2004. Laureato in economia aziendale presso università Bocconi di Milano. Dottore commercialista e revisore dei conti. Attualmente mi occupo di politiche creditizie in importante banca italiana d’interesse nazionale e internazionale.
Sin da piccolo divoravo libri di avventura gradualmente scoprendo autori e racconti più impegnati. La cosa curiosa è che spesso, al termine della lettura, chiedevo a mio padre un quaderno per “gettarmi“ a scrivere e far rivivere i personaggi che avevo appena lasciato sui libri, calandoli in un contesto diverso, frutto della mia immaginazione di adolescente alle prese con nuove avventure. La mia vera passione è ed è rimasta la lettura e la scrittura. Rappresentano i momenti in cui realizzo al meglio le mie inclinazioni e, lasciatemi dire, la mia “spiritualità“ che ho cercato – sin da bambino, come dicevo – di coltivare, per quanto ho potuto.

frankgioia64@gmail.com

Articolo Precedente

Addio a Pierluigi Cappello, il poeta della gentilezza che usò la parola come riparo dal destino

next
Articolo Successivo

Concorsi truccati, un grande classico. Quando il trombato era Giambattista Vico

next