“L’ambasciatore di Kim verrà espulso”. L’Italia che tra molte polemiche ha rimandato in Egitto il suo ambasciatore ora espelle quello Nord Coreano. Ad annunciarlo è il ministro degli Esteri Angelino Alfano in un’intervista a Repubblica il cui pezzo forte è proprio il pugno di ferro contro il dittatore che coi suoi missili minaccia gli Usa e mezzo mondo. Alfano parla di “decisione forte”, spiegando che sono iniziate le procedure per l’interruzione dell’accreditamento del rappresentante della Corea del Nord in Italia. “L’ambasciatore dovrà lasciare l’Italia”, annuncia il leader di Ap, sottolineando come “il nostro Paese presieda il Comitato Sanzioni del Consiglio di Sicurezza, e chiede alla comunità internazionale di mantenere alta la pressione sul regime”.

L’esibizione muscolare del nostro Paese, va detto, segue in realtà quelle di altri che hanno messo da tempo alla porta gli ambasciatori di Kim: il Perù, la Malesia, il Kuwait, il Messico e in Europa il Portogallo e la Spagna, che ha appena dichiarato l’ambasciatore “persona non grata”. A dirla tutta, poi, non viene cacciato proprio nessuno per il semplice fatto che formalmente e ufficialmente oggi in Italia non c’è un ambasciatore nord coreano da cacciare: quello accreditato, Kim Chun-guk, è morto nel 2016 a Roma mentre era in servizio e le credenziali del suo successore Mung Jong-nam non sono state accolte dal Quirinale che le sta ancora esaminando.

Alfano nell’intervista si premura di rassicurare sul fatto che sarà tenuto comunque aperto un canale diplomatico con il governo nord coreano. Vero è che Kim non ha mai mancato di far pervenire segnali di simpatia verso l’Italia, ad esempio con le congratulazioni nel giorno della proclamazione dei suoi Presidenti della Repubblica (Mattarella compreso). E che l’Italia ringrazia e ricambia spedendo a Pyongyang l’onorevole Antonio Razzi, già segretario della Commissione esteri in Senato e simpatizzante di Kim. Di sicuro l’escalation di test nucleari e il coefficiente di pericolosità mondiale raggiunto dalla dittatura nord coreana stanno cambiando qualcosa nell’atteggiamento storicamente assunto dall’Italia fin dal governo Dini, quando il Belpaese si ricavò un ruolo da attore del dialogo parallelo con gli stati che venivano (o si erano) isolati diplomaticamente da Washington e dal G7. Roma si occupò di ristabilire relazioni con la Corea di Kim Jong-il e anche con la Libia di Gheddafi.

Un obiettivo però Alfano l’ha raggiunto: la notizia fa il giro del mondo e arriva fino in Corea del Nord, dove non viene presa bene. “L’Italia accondiscende agli Usa“, recita una nota del Partito comunista: “Se la posizione del governo fosse realmente finalizzata al mantenimento della pace mondiale – recita la nota del Pc – ci aspetteremmo che venissero interrotti contestualmente i rapporti con tutti i paesi possessori della bomba nucleare”. Nonché “il ritiro immediato di tutte le truppe italiane in missioni di guerra all’estero; il richiamo degli ambasciatori italiani presso le monarchie saudite che sostengono il terrorismo. Ovviamente il governo e tutte le forze politiche presenti nel Parlamento, non sono intenzionate a fare questo, ma giocano a creare una copertura ideologica e mediatica al contributo che anche l’Italia sta dando all’accerchiamento imperialista della Corea”.

Sul fronte interno, invece, si registra proprio la reazione di Razzi che – a fronte di dichiarazioni risolute, ma che sembrano il ruggito del coniglio – fa pure la figura dello statista: “Le decisioni del Ministro degli Esteri Alfano sempre più degradanti ed equivoche. Il capo della nostra diplomazia infatti reintegra l’Ambasciatore di un paese, l’Egitto, colpevole di aver ucciso un nostro ragazzo ed espelle, invece, quello di un paese, la Corea del Nord, che a noi italiani non ha fatto nulla”.

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