“Se una legge è giusta va approvata”. Nel clima di resa e di sollievo della maggioranza che nelle scorse ore ha affossato, almeno a parole, la legge sullo Ius soli, addirittura il presidente del Senato Pietro Grasso è intervenuto per chiedere ai parlamentari di ritornare sui loro passi. Il provvedimento aspetta il via libera definitivo del Senato, ma viste le premesse e i timori di perdere consensi su un tema così delicato alla vigilia della campagna elettorale, l’esecutivo ha abbandonato la battaglia. Unica voce fuori dal coro oggi è stata, oltre alla seconda carica dello Stato, quella del ministro dei Trasporti Graziano Delrio, proprio lui che già aveva definito il dietrofront dei colleghi un atto di paura.

A far perdere le speranze definitivamente di vedere approvata la legge è stata solo ieri sera la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi: ““Oggi non ci sono i numeri in Parlamento per la legge sullo Ius soli”, ha detto senza timore di essere smentita. Prima di lei avevano preso a picconate la legge tutti i principali esponenti di Area popolare, dalla Lorenzin ad Alfano. Durissimo il commento di Grasso in proposito: “Mi sembra che si punti di più a valutazione di ordine elettorale che alla giustezza della legge”, ha detto alla festa di Mdp. “Spero che si apra al Senato una finestra per poterla calendarizzare e approvare”. Il presidente del Senato ha detto di essere seriamente convinto che ci sia ancora spazio per trovare un accordo sul tema: “Se una legge è giusta va approvata. Dobbiamo tener conto dei numeri, non sono un utopista che va contro il muro. Dobbiamo cercare i voti, mettere in salvo i conti. Ma sono fiducioso che si possa aprire una finestra a novembre. Non andiamo dietro le paure, non c’entra con i migranti”. Quindi ha concluso: “Io dico, abbiamo fatto una lotta per il codice antimafia e l’abbiamo vinta. Perché non possiamo farla anche in questa legialatura con lo Ius soli? Poi non sono un idealista, bisogna cercare i voti, prima mettere in sicurezza i conti, ma sono fiducioso che dopo la legge di bilancio ai possa approvare”.

In casa Pd chi ci crede ancora, e forse l’unico, è il ministro dei Trasporti: “Siamo ancora in tempo”, ha dichiarato sempre alla festa di Mdp. “Non arrendiamoci all’inverno prima di avere combattuto. È una battaglia non di un gruppo politico, ma di civiltà. Penso che i partiti non devono dare ordini, perché è un voto sui diritti. I 5 stelle vogliono astenersi, ma come fai ad astenerti sui diritti. Io mi appello alla coscienza di tutti”. Che ci creda veramente o che sia solo l’estremo tentativo di tenere in piedi una proposta di legge che molti dei sostenitori Pd chiedono a gran voce, ancora è presto per dirlo. Solo pochi giorni fa era stato il deputato Matteo Richetti a garantire che il Pd stava cercando una maggioranza per far passare la legge. Difficile a questo punto credere che il Parlamento possa trovare la maggioranza necessaria per un provvedimento così contestato, ma resta da capire come intende muoversi il Partito democratico. Sia il segretario Matteo Renzi che il premier Paolo Gentiloni lo hanno definito a più riprese una legge di civiltà. Salvo poi non commentare quando, al ritorno al lavoro dopo la pausa estiva, il testo non è stato calendarizzato al Senato. Graziano Delrio sulla questione si pone per l’ennesima volta fuori dal coro. Proprio lui aveva definito il dietrofront dei colleghi “un atto di paura grave”. E sempre il ministro era stato protagonista durante l’estate di un duro scontro con il ministro dell’Interno Marco Minniti in merito al codice di condotta delle ong e sulle politiche di immigrazione in generale.

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