Volevo comprare il biglietto per un concerto, fare un regalo. Mi stavo muovendo anche relativamente presto, secondo i miei canoni: l’evento è il 3 febbraio 2018 al PalaLottomatica di Roma, l’artista è italiano, le sue canzoni non passano nelle radio più ascoltate. Credevo addirittura fosse prematuro pensarci già. Errore. Dopo 90 ore, era già sold out. Posti praticamente finiti in un giorno anche per la seconda data, aggiunta di corsa, il 4 febbraio.

Il concerto è quello di Coez, pseudonimo di Silvano Albanese. Lui tutto questo evidentemente se lo aspettava già. Scopro che aveva scritto della sua ascesa digitale il 29 agosto: “Faccio un casino (il suo ultimo album, ndr) è rientrato nella top ten dei dischi più venduti in Italia dopo più di tre mesi dall’uscita. I live stanno andando oltre ogni mia aspettativa e l’80% finisce con un tutto esaurito. Mi chiedo che potrebbe succedere se la mia musica venisse spinta da qualche radio o tv”.

Esatto: cosa succederebbe? Tralasciando la critica musicale (che pure meriterebbe un approfondimento: è rap, pop, indie? Come molti, l’ho scoperto da poco e ancora me lo chiedo, mentre il suo zoccolo duro di fan dai tempi dei Brokenspeakers probabilmente ha già la risposta), proviamo a guardare i numeri. Nei giorni scorsi, Coez ha pubblicato il video de La musica non c’è e quindi partiamo da qui: il singolo era già disco d’oro digitale da un mesetto, con 4,5 milioni di ascolti in streaming. In mezza giornata è entrato tra le tendenze di Youtube (la sera della pubblicazione era già a quota 150mila visualizzazioni). Risultato che si aggiunge al disco di platino preso per il singolo “Faccio un casino” e ad altri due dischi d’oro rispettivamente per “E yo mamma” e “Le luci della città”.

Coez è poi stato per 20 settimane di seguito nella classifica Fimi/Gfk, la lista ufficiale degli album più venduti in Italia stilata ogni settimana dalla Federazione industria musicale italiana. Ha accumulato oltre 24 milioni di ascolti in streaming. Oggi, l’album Faccio un Casino è all’ottavo posto. Per i singoli, Coez è al 36esimo. Ha superato il mezzo milione di follower su Spotify, ha almeno 94mila ascoltatori giornalieri, 48 milioni di visualizzazioni tra YouTube e Vevo, 227mila follower su Facebook, 195mila su Instagram. E pure l’etichetta è indipendente: si chiama Undamento, si legge “andamento”. “La musica ci piace davvero”, scrivono sul loro sito.

Fa da solo, Coez. “Penso che sia un problema generale – ha detto in un’intervista a Vanity Fair parlando di quando era legato alla Carosello – per forza di cose le etichette non riescono a stare troppo a contatto con l’artista. Con i miei collaboratori in Undamento oggi lavoriamo molto insieme e le cose nascono in maniera più spontanea”.

Poi “le cose” si evolvono e diffondono, tra piattaforme, siti, app e social network. La community si crea lì e dopo si riversa nei concerti. Ai botteghini, con prezzi che crescono col crescere della domanda. Alla faccia di chi diceva che il digitale avrebbe ucciso la musica. Coez, per ora, ne è la prova: trentaquattro anni, la gavetta, la notorietà ondivaga, la scalata, il web che ti premia e – a quanto pare – riesce anche a proiettarti verso il grande pubblico. Speriamo.

Il suo primo album da solista nel 2009 si chiamava “Figlio di nessuno”. Come dire: se la sua storia non fosse questa che si sta scrivendo da solo, avrebbe dovuto rinnegare e tradire tutto ciò che ha cantato fino ad oggi.

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