“Continua in tv la dicotomia della santa e della puttana. E questo è un cortocircuito da spezzare, perché ci stiamo facendo del male”. Non ha dubbi Elisa Giomi, professoressa di Sociologia della comunicazione, Gender e Media all’Università di Roma Tre. “Il 90% delle persone che appaiono in virtù della loro bellezza e sex appeal – benché il totale sia piuttosto esiguo – sono donne, e sono donne quasi il 70% di coloro che appaiono per il proprio ruolo dentro la famiglia”, spiega a margine del convegno sull’immagine femminile in televisione promosso da Maria Cecilia Guerra, Presidente del Gruppo Articolo 1-Movimento democratico e progressista, nel corso del quale è stato presentato oggi il monitoraggio dei programmi Rai, realizzato nel 2016 da Isimm Ricerche-Università Roma Tre. “Le donne sono oggetto di stigmatizzazione o derisione in virtù della loro condotta sessuale. Persistono antichi retaggi”, dice Giomi.

Su 700 trasmissioni, il tema della violenza di genere è stato registrato nell’11,9% dei casi. Le figure femminili presenti nella programmazione Rai sono il 37,8% (è la cosiddetta “regola del terzo”) del totale, mentre le figure maschili sono circa il 62,2%. Va così in tutti i campi monitorati, anche se nei telegiornali il numero di donne scende al 35,5% del totale mentre nell’intrattenimento sale al 41,0%. “Non solo: le donne in televisione vengono derise più degli uomini anche in quanto donne, per la semplice appartenenza al genere”, dice Giomi. “E, naturalmente, in virtù del loro essere oggetto sessuale, inevitabilmente forma di umiliazione del femminile se è modello unico o prevalente come di fatto è, ad esempio nella pubblicità”. Nei programmi Rai monitorati, oltre il 59% delle donne rappresentate ha un’età compresa tra i 19 e i 49 anni. Il background è medio-alto nella metà dei casi, mentre solo il 16,4% delle donne monitorate può essere ricondotta a fasce della popolazione meno benestanti. 

“Mettiamo immediatamente sotto monitoraggio Che Tempo che fa”, annuncia Giovanni Scatassa, vice direttore marketing della Rai, in risposta a un intervento dal pubblico che lamentava come, durante il programma di Fabio Fazio, “a Filippa Lagerback fanno fare ancora la velina, o al massimo le televendite”. “Dobbiamo tener conto che si lavora con stereotipi dappertutto”, dice Stefano Gnasso, marketing strategico Mediaset. “Non me ne vogliate, ma la neotelevisione ha espunto il tema della tragedia: rappresentiamo commedie e le commedie si muovono per stereotipi”. 

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