Nelle ultime ore si rincorrono in rete le voci sul presunto arrivo a fine 2018 della Giulia Coupé, indicata da Autonews come il terzo modello del rilancio Alfa Romeo dopo il debutto della berlina omonima e della Stelvio.

Secondo i rumors la scorsa settimana avrebbe avuto luogo una riunione dei vertici della casa del Biscione in cui si sarebbe parlato dei futuri modelli del marchio, compresa la suv di segmento superiore e la coupé in questione: progetti concreti che però non trovano un preciso orizzonte temporale per via della situazione finanziaria ancora incerta di FCA. Per lo stesso motivo pure i piani relativi alla nuova ammiraglia sono stati congelati.

Da qui l’idea di dirottare le poche risorse disponibili sulla vettura più economica da realizzare: una variante di carrozzeria della Giulia, la coupé appunto. In estrema sintesi l’auto sarebbe “fatta alla tedesca”: privando la berlina delle portiere posteriori, allungando quelle anteriori (coi finestrini senza cornice) e disegnando un tetto più sinuoso. Una ricetta facile e meno dispendiosa rispetto a quelle di suv e sedan entrambi di taglia large.

La Giulia “Sprint” (come viene indicata da alcune testate) farebbe bene pure all’immagine di un marchio con aspirazioni di crescita globale. Va da sé che non c’è nulla di deciso in merito e quelle che avete appena letto rimangono solo delle (concrete) ipotesi: a confermarle o smentirle ci penserà il nuovo piano industriale della casa, atteso nel primo semestre del 2018. Sperando che non sia disatteso come i precedenti.

Parlando di varianti di carrozzeria, i più attenti potrebbero obiettare che una Giulia Station Wagon genererebbe volumi di vendita superiori rispetto alla coupé: probabilmente, ma avrebbe “solo” una distribuzione europea, a cui Alfa non è interessata perché il suo palcoscenico è il mondo. In ultima analisi la coupé permetterebbe di dare ulteriore linfa vitale alle catene produttive di Cassino, dove vengono prodotte Giulia e Stelvio: prodotti che sono ancora al di sotto delle aspettative commerciali di FCA.

Un discorso analog0 si potrebbe fare per il progetto dello sport utility di grandi dimensioni, anch’esso “congelato”. Qualora per la sua realizzazione si decidesse di sfruttare il pianale della Maserati Levante anziché sviluppare la piattaforma Giorgio dell’Alfa Romeo, questo contribuirebbe a saturare la capacità produttiva dello stabilimento di Mirafiori ottimizzandone la resa. E magari a favorire la piena occupazione, visto che i contratti di solidarietà nella fabbrica torinese sono stati prolungati di altri sei mesi.

Ricordiamo che lo stesso Marchionne aveva pronosticato che nel 2018, data poi rettificata al 2020, sarebbero state 400 mila le Alfa prodotte: ma questa è una cifra molto improbabile da raggiungere, specie se non arriveranno nuovi modelli per tempo.

Adesso la priorità del gruppo italoamericano, legata a doppio filo con le future prospettive del Biscione, è di chiudere il 2017 cercando di far quadrare i conti e limare il più possibile il debito miliardario della multinazionale: la speranza di Marchionne è quella di arrivare alla scadenza del suo mandato (fine del 2018) col bilancio in attivo, anche se questo dovesse comportare lo scorporo o la vendita di asset strategici, come Magneti Marelli.

Una strategia indispensabile per FCA al fine di risultare appetibile nell’ottica di possibili alleanze industriali con altri big dell’automotive e necessaria anche nel caso la volontà sia quella di liberarsi di alcuni marchi del Gruppo (quelli meno redditizi). Quest’ultimo è un possibile scenario che lascerebbe alla Exor della famiglia Agnelli il controllo di Alfa/Maserati, che potenzialmente potrebbe diventare il nuovo polo italiano del lusso a quattro ruote appena sarà raggiunta quella “maturità necessaria per lo spin-off” che auspica Marchionne. Un esperimento già ampiamente riuscito con Ferrari.

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