Per un recente addio al celibato ho sperimentato un’escape room con degli amici. Si tratta di un’esperienza di evasione molto divertente nella quale, in un dato lasso di tempo, un gruppo di persone collabora per risolvere gli enigmi necessari a uscire da una stanza in cui si è prigionieri. Al momento della scelta dell’ambientazione abbiamo valutato proposte quali l’antico Egitto o il mondo di Harry Potter ma noi, in ossequio ad anni di cinema di genere, abbiamo scelto la sanguinaria stanza di Saw- L’enigmista.

Dopo un’ora siamo riusciti a venire a capo dell’ultimo rompicapo e, con grande soddisfazione, aperto la porta che ci separava dalla libertà. Mentre recuperavamo i nostri effetti personali ho discusso con uno dei responsabili che confermava una mia sensazione: tra i loro clienti figurano molte aziende importanti che usano queste strutture per aumentare, in maniera efficace e divertente, il livello di team building dei loro dipendenti. Il gioco è sempre seguito da un’altra stanza da un membro dello staff che, in caso di necessità, può essere chiamato a dare un consiglio, svolgendo la funzione di dungeon master, il deus ex machina dei giochi di ruolo.

Così, tra compagni ammanettati al pavimento, enigmi cifrati e giochi di specchi, mi sono ritrovato a vivere in prima persona un’esperienza simile a quelle che, ai tempi del liceo, potevo vivere giocando a Dungeons & Dragons.

Il mitico titolo della Tactical Studies Rules, riconoscibile come quello che aveva inizio con la scatola rossa, può essere considerato il padre di tutti i giochi di ruolo. Per chi non lo sapesse, in D&D si giocava vivendo le avventure di un personaggio a scelta tra mago, guerriero, elfo e molte altre classi, ognuna caratterizzata da elementi di forza e debolezza. A tirare le fila della vicenda era un giocatore esterno, appunto il dungeon master, che si occupava di organizzare precedentemente le avventure che i personaggi avrebbero vissuto esplorando castelli, segrete o campagne, affrontando mostri malvagi, personaggi non giocanti o indovinelli. Il fascino di questo titolo risiedeva nella capacità dei partecipanti di rendere quelle avventure realistiche nel corretto bilanciamento di regole e fantasia.

Negli anni il sistema di gioco di D&D si è evoluto portando il gioco a livelli di approfondimento più alti, ma per me il fascino del passaggio dalla scatola rossa a quella blu e successive è rimasto inalterato nel tempo. In un momento storico in cui il revival anni Ottanta riscuote tantissimo successo in numerosi campi, come dimostra l’attesa per l’uscita della seconda stagione della serie tv Stranger Things, o la scelta della Nintendo di lanciare sul mercato consolle vintage con titoli per i fanatici di retrogaming, si è ben inserito uno dei romanzi candidati all’ultimo Premio Strega.

Il magnifico La Stanza Profonda di Vanni Santoni, edito da Laterza, racconta il desiderio che diventa bisogno di alcuni ragazzi di provincia che, lontani dai negozi forniti delle città e nella difficoltà di reperire giocatori interessati, vincendo le resistenze di una mentalità arretrata e poco recettiva, si cementa nel rispetto dell’insolita passione comune, formando un gruppo abbastanza accanito da dare vita a una lunghissima avventura a D&D. Così il martedì diventa il giorno della partita che, per anni, vede alternarsi, intorno allo zoccolo duro, nuovi giocatori ai vecchi che se ne vanno per lavoro, mentre fuori dalle loro mappe il mondo cambia, azzerando la distanza tra provincia e città. Così quel mondo immaginario punteggiato di draghi e magie diviene l’ultimo baluardo di una realtà che, seppur fittizia, rimane comunque preferibile a quella che avanza con la rivoluzione digitale e l’età adulta, dove le possibilità aumentano insieme alla lontananza. E anche se la nostalgia fa la sua parte in questa storia, è più quella del lettore a emergere tra le pagine mai patetiche di Santoni, perché ci ricorda quello che è stato, senza cedere all’autoreferenziale.

Oggi lo storytelling, cioè l’arte di raccontare storie per fini strategici, è salito alla ribalta, così come dimostrano fenomeni come le escape room, oltre ai nuovi modi di intendere formazione o aggiornamento professionale. Ma il seme di questo nuovo modo di divertirsi o insegnare sarà sempre quello piantato da Gygax e Arneson, creatori di D&D, gioco in cui un gruppo di amici, sorretti da una forte fantasia, si riuniva in un garage per creare un mondo in cui, tra coboldi, nani e viverne, si stava meglio che in qualunque altro luogo. E dove oggi si può perfino lavorare, a patto di non fallire il tiro salvezza.

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