Centinaia di allegati “in bianco”, numerosi documenti protocollati per i quali non c’è corrispondenza col numero di protocollo. Ci sono accordi bilaterali con paesi come Burundi, Cambogia, Cina e Cile sottoscritti per agevolare i percorsi d’adozione ai quali non è stato poi dato seguito alcuno, con buona pace delle famiglie italiane in attesa. E dei quali, per di più, non si trovano neppure gli originali. C’è poi un macigno di quasi tre anni di arretrato nell’inserimento delle pratiche che richiede ora una corsa contro il tempo. Irregolarità ora documentate e consegnate al governo perché possa agire a propria tutela. Forse le prime di una serie, di varia gravità, che chiamano in causa l’ex magistrato e senatore Pd Silvia della Monica, per tre anni a capo della Commissione adozioni internazionali. Che tuttavia – siamo pur sempre in Italia – pretende di tornare al proprio posto, come nulla fosse, grazie a un ricorso al Tar del Lazio.

Parliamo di adozioni internazionali, un settore che riserva da troppo tempo brutte sorprese. Quelle che ha potuto riscontrare a tre mesi dal suo insediamento le ha illustrate direttamente il vicepresidente della Commissione Laura Laera al governo e ai commissari nella prima riunione della Cai dopo tre anni di buio totale. Nella saletta verde di Palazzo Chigi c’erano anche il premier Paolo Gentiloni e il segretario della Presidenza del Consiglio Paolo Aquilanti. Non accadeva, va detto, dal lontano dicembre 2013. Da allora, è emerso nella riunione, sono accadute molte cose. Che è imperativo chiarire. Al termine dell’incontro, durato circa due ore, sul sito istituzionale della Commissione viene pubblicato un resoconto che fa venire i brividi a chi in questi anni si è solo affacciato al mondo delle adozioni, turbato ciclicamente da prove di inefficienza, inchieste giudiziarie su truffe ai danni delle coppie e polemiche politiche sulla gestione della Cai. Vicende spesso agitate da Della Monica, salvo scoprire poi che erano in parte favorite anche da una sua gestione a dir poco opaca e arbitraria della commissione, che non solo non ha mai convocato, ma nei cui uffici l’ex vicepresidente non metteva piede da oltre un anno, omettendo perfino di controllare la posta elettronica ufficiale della quale si era fatta consegnare un accesso esclusivo.

Dalle inchieste giudiziarie, come ha rivelato ilfattoquotidiano.it, sono emerse altre pesanti ombre sul suo operato, ma a Silvia Della Monica potrebbe riuscire il colpo di mano di rientrare in scena. L’ex magistrato che nelle carte dei pm liguri consigliava a titolari di enti indagati per truffa di “non parlare al telefono”, che faceva il verso al “maresciallo in ascolto” e che si adoperava per far sparire di notte documenti ufficiali dall’ufficio voleva un secondo mandato e ha impugnato davanti al Tar del Lazio la nomina della Laera “inaudita altera parte”: il ricorso è stato respinto ad agosto ma sarà discusso prossimamente, insieme a quello analogo presentato da alcune famiglie a lei molto vicine. Il rischio, qualora i giudici amministrativi laziali accogliessero la richiesta, è che Laera venga sospesa. E con lei il lavoro della commissione. In ogni caso, sembra escluso il ritorno della stessa sul luogo del delitto. Questo, almeno, è l’auspicio di chi ha a cuore le sorti dell’adozione internazionale.

Anche perché nella stessa riunione è stata ribadita più volte la necessità e la volontà di andare fino in fondo nell’accertamento delle irregolarità che sembrano aver connotato la gestione precedente. Non a caso una delle decisioni più importanti e significative presa ieri è stata quella di sottoporre tutti i 63 enti autorizzati a verifica “a partire da quelli con plurime segnalazioni e/o altre rilevanti criticità, ritenendo pertanto assorbiti in tale decisione  i provvedimenti monocratici della dottoressa Silvia Della Monica dello stesso tenore, considerato che da diversi anni non vengono effettuati controlli sugli enti, come invece previsto dal citato articolo”.

Il nuovo corso fa i conti col passato ma deve guardare anche al futuro: come garantire che certe storture che si ritorcono sulle famiglie e sui minori possano accadere ancora? Una delle proposte più interessanti emerse ieri è quella avanzata dalla nuova vicepresidente di istituire un fascicolo elettronico per le coppie adottive che potranno accedere e controllare online lo stato e i documenti relativi alloro procedura di adozione, sia in funzione di monitoraggio dell’andamento della pratica e sia come forma di controllo e di deterrenza rispetto al rischio, emerso in tante inchieste, che finiscano per pagare agli enti attività fatturate ma inesistenti, come le traduzioni o la ricerca e produzione di documenti all’estero.

Chi era presente alla riunione del 12 settembre, questo è sicuro, ha apprezzato il cambio di passo. Tra i 14 commissari l’unico confermato è Monya Ferritti, in rappresentanza delle famiglie. E’ forse l’unica che può testimoniare un prima e un dopo, essendoci stata. “Francamente sono rimasta sconvolta, come altri, dalle irregolarità emerse nell’attività della precedente gestione, irregolarità che fanno il paio con tutte le supposizioni che abbiamo fatto in questi anni ma che ora trovano una conferma documentale. La riunione del 12 settembre però sancisce un deciso cambiamento di rotta che servirà certamente a dare fiducia al  sistema della adozioni, sulla sua trasparenza, imparzialità ed efficienza dopo la nebbia di questi anni. Ho rivisto la Commissione al lavoro nella sua piena collegialità e questo indica una volontà chiara di esercitare il mandato di controllo coi pieni poteri. C’è molto lavoro da fare ma la strada è indicata, non torneremo indietro”.

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