Pagaie alzate in segno di protesta ai Mondiali di Dragon Boat Venice 2017. E’ stato l’esordio delle donne operate al seno, che hanno protestato in questo modo contro la proposta degli organizzatori di far gareggiare solo loro nonostante le altre competizioni in programma martedì 5 settembre fossero state interrotte a causa della bassa marea. Se avesse accettato, i team delle “donne in rosa” che hanno vinto il cancro avrebbe dovuto disputare la prova sui 500 metri senza giudicipersonale di sicurezza e con il maxischermo spento.

Quando le squadre in rosa si sono presentate sul molo con le pagaie alzate in segno di protesta hanno infatti scoperto che giudici e sicurezza se ne erano andati e le telecamere del fotofinish e il maxischermo su cui gli spettatori avrebbero dovuto seguire la gara in diretta non erano più in funzione. Anche i giornalisti e la televisione stavano facendo i bagagli e non erano stati avvertiti che ci sarebbe stata quell’ultima gara. Persino i dragoni erano stati portati in fondo alla banchina. A quel punto si sono rifiutate di salire in barca.

Al di là dell’aspetto puramente agonistico, in ogni caso di alto livello poiché molte delle donne operate al seno facevano parte anche di equipaggi in gara per categorie regolarmente riconosciute dalla federazione, la rabbia è nata soprattutto dall’assenza di copertura mediatica, fondamentale per trasmettere il messaggio di cui sono ambasciatrici. “Neanche la malattia e le sofferenze hanno tolto alle donne in rosa la dignità e il rispetto come oggi invece sono riusciti a fare gli organizzatori di Venice 2017″, hanno spiegato.

La prima spiegazione ufficiale dell’accaduto da parte di Andrea Bedin, presidente del comitato organizzatore, è avvenuta durante la cronaca della gara di recupero del giorno successivo. “Ieri è nata una problematica dovuta ad un ritardo del programma gare che ha investito particolarmente i tre equipaggi UGO Padova, Gruppo Kajak Canoa Cordenons e il gruppo misto formato da Pink Butterfly e Trifoglio Rosa. La bassa marea ha portato la giuria a chiedere la sospensione delle gare. Siccome il gruppo padovano non sarebbe stato presente, la volontà era quella di vederle comunque gareggiare, ma il segnale da parte della giuria era già partito e sono venuti a mancare i servizi di assistenza alla gara. È stato un grandissimo dispiacere e il comitato organizzatore si è scusato con le signore”.

“Non ha certo aiutato la situazione, anche in questa sede, evitare di menzionare l’International Breast Cancer Paddlers’ Commission (Commissione Internazionale Canoisti Operati al Seno) e chiamare “signore” invece che atlete le donne in rosa. – hanno dichiarato a due voci la rappresentante europea del IBCPC Cecilia Picchi e quella italiana Mariagrazia Punzo –  Anche l’infelice precisazione in apertura della gara “non aspettatevi una gara tiratissima” ha sminuito l’aspetto agonistico. Vogliamo comunque che il ricordo dell’altro giorno venga cancellato. Abbiamo capito tutti i problemi logistici. Ma è un peccato che la nostra categoria, che ha anche un risvolto sociale, non venga sufficientemente valorizzata”.

Le donne in rosa hanno risposto con un crono strepitoso di 3’09” sui 500m (Pink Butterfly Roma) e di 10’26” sui 2.000m (equipaggio misto Pink Butterfly e Trifoglio Rosa Mestre), in linea con le prestazioni delle altre categorie femminili in gara, benché alla premiazione l’inno d’Italia se lo siano dovuto cantare da sole.

di Daniela Acciardi

Articolo Precedente

Londra, ‘Non posso avere un inquilino gay’. Vi presento il mio ex padrone di casa

next
Articolo Successivo

Bahrain, tolleranza zero per il dissenso: morte o tortura per chi scrive o scende in piazza

next