Dopo l’allarme, l’indignazione, la rabbia suscitata dagli stupri di gruppo denunciati a Rimini alla fine di agosto per i quali sono stati arrestati quattro giovani immigrati, arriva sulle pagine dei quotidiani la notizia di uno stupro denunciato a Firenze da due giovani americane che hanno indicato in due carabinieri in servizio, i loro aggressori. Sui fatti indagherà la magistratura a cui spetta raccogliere prove, valutare le deposizioni e accertare la responsabilità, qualunque esse siano.

Tuttavia, non possiamo fare a meno di rilevare che le reazioni dell’opinione pubblica e della stampa alle violenze sessuali avvenute a Rimini e a Firenze siano differenti. La denuncia di stupro da parte delle due giovani americane è stata accolta con molta prudenza e una moderata reazione emotiva sia da parte dell’opinione pubblica che della stampa anche se la notizia che due rappresentanti delle forze dell’ordine possano essere responsabili di uno stupro, dovrebbe suscitare parecchio allarme sociale. Non è  così. E’ difficile parlare di stupro per tutti i pregiudizi e gli stereotipi che ne offuscano la lettura e impediscono una analisi approfondita e corretta del contesto in cui si consuma la violenza sessuale. I media dovrebbero fare una lettura e una analisi competente del fenomeno e invece troppe volte alimentano pregiudizi suscitando reazioni di pancia, o strumentalizzano uno dei peggiori crimini commessi contro le donne, per alimentare razzismo o per inseguire una parte dell’opinione pubblica sulla strada del razzismo.

I manifesti d’epoca fascista diffusi da Forza Nuova con la scritta “Difendila dai nuovi invasori potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella o tua figlia” nei giorni successivi agli stupri di Rimini, sono un chiaro esempio di lettura razzista della violenza sessuale dove non ha alcun peso la violazione dei diritti delle donne. Semmai lo ha la violazione della “propria” donna come un oggetto di cui difendere la proprietà e ne fa una misera questione tra uomini e di minaccia alla propria virilità o identità. La prova? Basta leggere gli insulti sessisti, le minacce sui sociali rivolti contro le giornaliste Antonella Napoli, Tea Sisto e Silvia Dipinto che hanno criticato il messaggio fascista, come sempre più spesso accade alle croniste (e non solo). Donne a cui si può augurare uno stupro se non condannano lo stupro nei modi in cui lo dettano i razzisti del nuovo millennio perché sono donne che ‘se lo meriterebbero un  stupro’.

Altre volte i media attenuano la capacità di giudizio sulla gravità dei fatti. Infatti le ideologie sullo stupro sono molte, tante quante gli attori che sono coinvolti nei fatti di violenza. Chi sono gli aggressori e chi sono le vittime di uno stupro? Hanno un differente status sociale?

La risposta ha un peso rilevante e determina la valutazione della gravità della violenza, scatena o meno allarme sociale, mina o rafforza la credibilità della vittima e giudica la pericolosità dell’aggressore. Un esempio lo leggiamo su Ilcorriere.it nell’articolo firmato da Marco Gasperetti. La stessa testata, pochi giorni dopo aver raccontato senza alcun rispetto per le vittime, i dettagli denunciati in quella orrenda notte riminese, così invece descrive la denuncia delle due americane: “E’ una storia che fa rabbrividire quella che si sta consumando in queste ore a Firenze. Ancora oscura, strampalata, piena di dubbi e incongruenze, messaggera di verità o di menzogna e che rischia di gettare ombre e fango su un’istituzione, i carabinieri, simbolo di legalità e giustizia. In attesa dell’esame del Dna, che fugherà ogni dubbio, l’unica cosa certa, è che le ragazze hanno bevuto molto e una di loro aveva fumato cannabis. Il giornalista, alle prese con pregiudizi (che rispecchiano quelli di una parte consistente dell’opinione pubblica) non sa orientarsi nella narrazione dei fatti e fornisce giudizi contraddittori: questa è una storia ‘che fa rabbrividire’ o ‘è strampalata’? E perché mette l’accento sul fatto che le due ragazze avessero bevuto e fatto uso di cannabis ancora prima che la magistratura si sia espressa sulla attendibilità della denuncia? Non è questo un modo per orientare l’opinione pubblica instillando un dubbio sulla credibilità delle due donne mettendo in evidenza l’abuso di alcol?

Se fosse confermata la violenza, l’uso di alcol e cannabis dovrebbe costituire una aggravante a carico dei due uomini denunciati, pubblici ufficiali in servizio,  per la minore capacità di giudizio e di reazione da parte delle due ragazze.

Déjà vù: mettere al centro i comportamenti delle donne che denunciano uno stupro, come fossero vestite, quali abitudini sessuali avessero ecc, è sempre stato un modo per rovesciare le responsabilità. E a proposito di disparità, Joanna Bourke nel suo saggio Stupro rileva: “Si fa uso di un doppio metro di giudizio nella società contemporanea. Da una parte si pensa che il consumo di alcol renda le donne più responsabili del loro stupro: scegliendo di ubriacarsi, le donne stanno deliberatamente aumentando questo rischio e dovrebbero essere pronte ad affrontarne le conseguenze. Dall’altra, si pensa che il consumo di alcol renda gli uomini meno responsabili delle loro azioni: scegliendo di ubriacarsi, gli uomini aumentano la possibilità di comportamento scorretto e quindi non si dovrebbe pretendere che paghino per le loro azioni”.

Così, nel caso della denuncia di Firenze la stampa e l’opinione pubblica ancora prima del pronunciamento della magistratura e della conclusione delle indagini nutrono le loro convinzioni: se le donne che hanno sporto denuncia non mentono, allora se la sono cercata. Perché l’unica cosa certa è che c’è stupro e stupro.

@nadiesdaa

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