Doveva essere l’isola laboratorio dove sperimentare alleanze e coalizioni in vista delle elezioni politiche nazionali. Soprattutto per il centrosinistra. Per adesso, invece, in Sicilia le coalizioni invece di nascere sembrano dissolversi. A cominciare dall’intesa tra Giuliano Pisapia e i bersaniani, che tramonta a ore alterni: prima l’ex sindaco di Milano ha criticato la candidatura di Claudio Fava, poi una nota di Campo progressista invita candidato di Mdp a dialogare con Fabrizio Micari, l’uomo del Pd e di Angelino Alfano. Quindi lo stesso Pisapia ha firmato un comunicato insieme a Roberto Speranza per rivendicare unità d’intenti ma solo a livello nazionale: insomma un triplo cortocircuito. Al quale in serata risponde Pierluigi Bersani. “Ognuno faccia il suo mestiere – dice l’ex segretario del Pd – io ho voglia di fare il centrosinistra. Pensiamo di recuperare voti proponendo Alfano? Dobbiamo costruire una forza che con la destra non ci sta”. Intanto lo stesso ministro degli Esteri  rischia di perdere pezzi pur di appoggiare il rettore di Palermo di comune accordo con gli uomini di Matteo Renzi: i suoi, infatti, vorrebbero tornare a destra e appoggiare Nello Musumeci.

Crocetta non si ricandida – L’unica buona notizia per il Pd – almeno in teoria – è quella che arriva dalla conferenza stampa di Rosario Crocetta: il governatore, infatti, ha formalizzato l’intenzione di non volersi ricandidare alla guida della Regione Siciliana, senza però risparmiare bordate velenose nei confronti degli alleati. “Per me è un giorno di liberazione personale. Ho vissuto cinque anni di violenze”, ha detto il presidente che la settimana scorsa aveva spaccato l’intesa tra Alfano e Renzi, mettendosi di traverso alla candidatura del rettore di Micari.

Le liste del governatore con Micari – L’incontro di ieri al Nazareno con Renzi, però, ha ristabilito l’ordine: a Crocetta – rivelano fonti siciliane – è stato garantito un seggio in vista delle prossime politiche. “Renzi ha riconosciuto la dignità politica del movimento del Megafono come costola del Pd. Questo dovrà tradursi in modo visibile, qualcuno non pensi di creare ostacoli altrimenti l’accordo salta”, ha minacciato Crocetta, spiegando che si candiderà come capolista in tre collegi – quelli di Palermo, Messina e Catania – alle prossime regionali.  “Presenteremo le liste del Megafono alle regionali e alle politiche e ci misureremo auto-candidandoci – aggiunge – Non ho chiesto altro se non il riconoscimento politico del Megafono”, ha annunciato il governatore, che incontrando i giornalisti non ha risparmiato attacchi al vetriolo alla sua stessa coalizione.  “Quattro anni fa – ha raccontato – al primo rimpasto pensai di dimettermi e di ricandidarmi da solo. Un pensiero che ho fatto altre due volte. A Roma mi chiedono perché abbia cambiato 57 assessori, ma se me lo chiedete voi giornalisti siciliani non ci sto perché sapete bene che io non avrei mai cambiato nessuno e che tutto è dipeso dai partiti”. 

I veleni di Crocetta – Uno è il bersaglio preferito dall’ex sindaco di Gela: Leoluca Orlando, regista della candidatura di Micari. “Il sindaco a Palermo lo fa Orlando ab aeterno. Quando esce fuori dalla città però ha difficoltà, come quando si candidò con la sua lista e non raggiunse il 5%. Pensa di vincere nella sua città come sindaco e pensa di vincere le regionali, è una bella ossessione“. Secondo Crocetta, la sua possibile candidatura in solitaria era data “dal 22 al 24% ma non sarei stato abbastanza forte per vincere insieme e non sufficientemente forte per vincere da solo”.  Acqua passata, però. Adesso il governatore uscente appoggia l’uomo di Renzi e Alfano: “È chiaro che senza di noi era un candidato perdente, per essere chiari. Adesso, con noi dentro, ce la può fare”.

Caos Pisapia – Nella stessa giornata in cui il dem recuperano Crocetta, però, ecco che i bersaniani di Mdp e Sinistra Italiana – che sostengono la candidatura di Claudio Fava – rischiano definitivamente di veder andare in frantumi l’asse con Pisapia in vista delle nazionali. “In Sicilia Mdp ha fatto scelte che non condividiamo”, ha detto il leader di Campo progressista al fattoquotidiano.it. Poco dopo, però, il suo stesso movimento ha diffuso una nota per chiedere “ai candidati in campo Micari e Fava di aprire fin da subito un dialogo per costruire una piattaforma programmatica unitaria non inquinata da ambiguità che nulla hanno a che fare con la storia del centrosinistra, che risponda alle esigenze dei cittadini della Sicilia e non a schematismi nazionali”. Un messaggio che evoca gli uomini di Alfano quando fa cenno alle “ambiguità” aliene alla storia del centrosinistra. Passa qualche minuto e l’ex sindaco di Milano firma una nota insieme a Speranza per spiegare che “le attuali diverse valutazioni sulle elezioni in Sicilia non incidono sulla prosecuzione del percorso unitario nazionale per la costruzione di un nuovo centrosinistra in discontinuità con le attuali politiche del Pd. Continuerà ancora l’impegno comune non solo a livello nazionale, ma anche in tutte le altre regioni che andranno al voto nel 2018″. Insomma per Pisapia e i Bersaniani più che un laboratorio la Sicilia è un sottoscala da separare dalle intese nazionali.

Alfaniani in fuga – Intanto non ride neanche Alfano: il ministri degli Esteri rischia di pagare l’appoggio al rettore di Palermo con la perdita di alcuni suoi fedelissimi, come Pietro Alongi, consigliere regionale di Ap che già domani potrebbe confermare il suo passaggio nella coalizione di centrodestra per andare a sostenere Nello Musumeci. A confermarlo è il braccio destro di Alfano,  Giuseppe Castiglione.”Paradossalmente – dice il sottosegretario – in alcune province, dove ci potrebbe essere la perdita di qualche esponente di spicco, si apre una contendibilità che di fatto rafforza altre opportunità, perché la lista diventa aperta alla società civile“. In quel caso, con gli Alfaniani che aprono alla società civile, la Sicilia sarebbe una volta di più laboratorio politico nazionale. Resta da capire il risultato di tali sperimentazioni.

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