Flaminio de Castelmur per @SpazioEconomia

L’aspettativa di vita nei nostri giorni sta progredendo costantemente, merito di stili di vita corretti, buone diete e del progresso della ricerca farmacologica. Non possiamo sottovalutare infatti, che gli investimenti delle industrie del farmaco (attualmente si aggirano tra il 9% delle industrie minori al 20% dei colossi americani) producono ogni anno nuove molecole e trattamenti che, spesso, migliorano la vita o ameno mitigano i problemi causati dalle malattie.

Attualmente, il fatturato mondiale delle industrie farmaceutiche supera i 1.100 miliardi di dollari ed è in crescita costante, tanto da portare le previsioni del mercato a pensarlo pari a 1,3 trilioni entro il 2020, con un tasso di crescita annuale del 4,9%, sicuramente sostenuto dalla tendenza all’invecchiamento della popolazione e dal costante aumentare della spesa dei governi, nei paesi avanzati soprattutto, ma sempre più anche in quelli emergenti, dove i tassi relativi di spesa pro capite, ancora contenuti, vengono compensati dal numero rilevante di persone che chiedono e chiederanno sempre più in futuro, pillole della salute.

In Italia è l’unico comparto che attualmente fattura più di quanto facesse prima della crisi. Parliamo infatti di circa 30 miliardi nel 2016 con una prospettiva di aumento nell’anno attuale del 2%. Parliamo di 200 aziende con un dato occupazionale che interessa almeno 64mila dipendenti e una percentuale di laureati superiore a qualsiasi altro comparto produttivo. Un ottimo dato è quello dell’export di prodotti farmaceutici, che ha raggiunto la percentuale del 73%, ponendoci al secondo posto in Europa dietro alla sola Germania.

I settori nei quali si sviluppa la produzione sono diversi. Parliamo di quello specificamente farmaceutico, che si occupa di “sostanze usate per la diagnosi, la cura, la mitigazione e il trattamento o la prevenzione di malattie, o sostanze che hanno lo scopo di avere effetto sulla struttura o la funzione del corpo”; vi è la parte dedita alle innovazioni, focalizzata pertanto sulla ricerca e sviluppo o i farmaci sperimentali, con il suo patrimonio di brevetti e autorizzazioni. Ricordiamo a questo proposito che l’attività ciclica dell’industria farmaceutica comporta la scoperta di nuovi prodotti, il loro sfruttamento e la loro sostituzione alla scadenza del brevetto.

Un altro comparto di produzione, con attività commerciali particolarmente aggressive, è quello dei farmaci generici. Sono questi prodotti che copiano altri farmaci, replicando il principio attivo in esso contenuto. Per questa categoria di farmaci, il prezzo rappresenta lo strumento principale di competizione.

Parliamo poi della produzione di farmaci biologici, che includono i vaccini e il biotech, le terapie proteiche, il sangue e le componenti del sangue, i tessuti, e altro ancora. A differenza dei farmaci costruiti tramite la chimica, quelli derivati da esseri biologici sono molto più complicati da trattare, quindi più costosi, ma a volte anche i più efficaci. Uno per tutti è il filone di ricerca dedicato alla cura del cancro, costoso ma foriero di ottimi risultati.

Ancora, parliamo della produzione di principi attivi e eccipienti, che sono i componenti basici dei farmaci. Questo mercato è quello a più alta internazionalizzazione. Spesso infatti questi prodotti provengono da industrie localizzate in nazioni a più basso costo del lavoro, con la crescita di colossi produttivi anche in aree meno dedicate alla ricerca scientifica avanzata. Diverse componenti low cost, ad esempio gli eccipienti, vengono prodotte in India e Cina e quindi esportate negli Usa, mentre produzioni più sofisticate sono state massicciamente dislocate in Irlanda e Singapore.

Ultimo settore che citiamo è quello dei farmaci Over the counter, Otc, quelli definiti farmaci da banco, cioè senza prescrizione medica. Ed è qui che si concentra una fetta rilevante del business del settore. Solo per dare un’idea, negli Usa esistono centomila farmaci da banco.

Dicevano prima che il mercato farmaceutico globale, stimato in 1.100 miliardi di dollari nel 2016, è altamente maturo e consolidato. Le Aziende nella top ten hanno avuto una quota di mercato di circa il 40% nel 2016 e circa il 50% considerando i top-15. La tabella che segue presenta una classifica per queste aziende:

Non compaiono italiani, per i quali citiamo le prime dieci, che raggiungono un fatturato da quasi dodici miliardi di euro (su 30 di produzione totale italiana). Menarini, con un fatturato di 3.500 milioni di euro si piazza in testa alla classifica (dati Farmindustria relativi al 2016), seguita da Chiesi (1.600 mln), Bracco (1.360), Recordati (1.200), Alfasigma (1.000), Angelini (divisione Pharma, con 850), Zambon (700), Italfarmaco (650), Kedrion (650), Dompé (260).

Articolo Precedente

Trenord, chi pagherà i risarcimenti ai pendolari?

next
Articolo Successivo

Bitcoin: moneta, religione o imbroglio?

next