Un gruppo di miliziani dell’Isis, con uniformi della polizia, ha attaccato oggi una moschea sciita di Kabul provocando la morte di almeno 30 persone e più di 80 feriti. A riferire la notizia dell’attentato nel giorno di preghiera per i musulmani è la tv locale Tolo citando il portavoce del ministero della Salute, Ismal Kawsi. Nell’azione sono morti anche quattro terroristi legati a Daesh. A rivendicare l’attentato contro il luogo di culto, chiamato Imam Zaman, è stato il sedicente Stato islamico attraverso una nota pubblicata da Amaq, l’organo di propaganda dell’organizzazione jihadista. Il comunicato sostiene che “militanti dell’Is sono dietro l’attacco ‘inghimasi’“, quello in cui gli assalitori utilizzano le armi per provocare il maggior numero di vittime azionando le cinture esplosive solamente quando hanno terminato le munizioni.

Tutto si è svolto nella zona di Qala-e Najarha quando erano le 13 ora locale (le 10.30 in Italia). Fonti della sicurezza afghana hanno riferito che nei primi minuti si è registrata un’esplosione fuori dalla moschea, in quel momento affollata per la preghiera del venerdì. Subito sul luogo sono intervenute le forze speciali dell’esercito afghano, mentre la polizia ha isolato l’area per motivi di sicurezza. Tra le vittime si contano l’imam che guidava la preghiera e un agente di guardia al luogo di culto sciita. Durante l’attacco, il commando avrebbe preso anche delle persone in ostaggio.

Emergency: “11 feriti sono ricoverati nel nostro ospedale. Rispetto all’anno scorso a Kabul +59% tra morti e feriti” – A seguito dell’attacco armato alla moschea, Emergency ha deciso di “attivare le procedure di mass casualty in attesa di capire se ne arriveranno altri”. In un comunicato Dejan Panic, coordinatore del Programma Afghanistan di Emergency, ha sottolineato che “Kabul è una città estremamente insicura. Ogni giorno riceviamo feriti: da pallottola o per un’esplosione, poco conta. Ogni giorno sappiamo che qualcuno in città pagherà il prezzo per questa guerra insensata. Questa città, questo Paese non hanno pace”.

Malgrado la presenza del governo e delle rappresentanze internazionali, si dice ancora, Kabul continua a essere la città che ha registrato più vittime, a causa soprattutto degli attacchi suicidi: nel primo semestre del 2017 ci sono stati 986 tra morti o feriti, con un incremento del 59% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. “Nonostante le condizioni del Paese peggiorino quotidianamente e nonostante diverse rappresentanze diplomatiche europee abbiano deciso di lasciare Kabul per ragioni di sicurezza – ha sottolineato Emergency – l’Unione Europea continua nella sua decisione di rimpatriare gli afghani”. L’Ue e il governo afghano, si legge nella nota, “hanno ratificato un accordo per il rimpatrio, anche forzato, degli afghani a cui è stato rifiutato il diritto di asilo e molti Paesi europei stanno già procedendo ai rimpatri”. A livello nazionale, secondo l’ultimo rapporto di Unama, la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan – ricorda l’ong – nel primo semestre 2017 sono stati uccisi 1.662 civili e 3.581 sono stati feriti.

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