Il ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso, in Abruzzo, non c’è più. Scomparso sotto i colpi di un’estate rovente e di una primavera secca, la lingua di neve più a sud d’Europa, si è ritirata fino a svanire a metà agosto. Della conca, fra i 2650 e i 2850 metri d’altezza, circondata dalle tre cime del Corno Grande del Gran Sasso, non è rimasta che una pietraia. Dove, di solito, anche durante il periodo estivo c’è un manto bianco. “Il ghiacciaio del Calderone non c’è più”: tra i primi a dare l’allarme è stato il rifugio Franchetti, il più alto d’Abruzzo. Posto ai piedi del nevaio e dei due Corni del Gran Sasso il 15 agosto su Facebook avvertiva gli ospiti dell’assenza di acqua corrente, perché “la sorgente del rifugio è a secco”. Il 14 agosto la fonte d’acqua a cui attingevano, alimentata dal ghiacciaio si è esaurita, lasciando la struttura a secco in piena stagione turistica. “Cosa mai successa in questi ultimi 30 anni”, ha commentato il gestore Luca Mazzoleni.

Un allarme rientrato nelle ultime ore grazie ad un “esile rivolo d’acqua ed economizzando i consumi”, “un poco d’acqua riusciamo ancora ad averla” ha scritto il rifugio sui social. Su neveappennino.it giustificano il rallentamento dell’acqua della sorgente per via “delle gelate verificatesi nel passato fine settimana, quindi non per via della sparizione del ghiacciaio”. “La sparizione del ghiacciaio non è un evento eccezionale” hanno tranquillizzato i meteorologi. Anche se “la situazione va tenuta sotto controllo. Sarebbe allarmante se la cosa si ripetesse tutti gli anni”.

A sparire, infatti, è stata la copertura superficiale di neve, quella che di solito resiste tutta l’estate. Sotto il ghiaione rimane uno strato di 15 metri di “ghiaccio fossile”, depositato lì da decenni, che arriva a uno spessore di 25 metri nella parte centrale. “Il nevaio superficiale si consuma completamente d’estate in media una volta ogni cinque anni – ha sottolineato il meteorologo Marco Scozzafava dell’associazione “L’Aquila Caput Frigoris” – Lo ha fatto nel 2001, nel 2007 e nel 2012″. Resta il fatto che negli ultimi vent’anni anche il ghiaccio sotto il ghiaione si è ridotto. “Dal 1992 al 2015 lo strato di ghiaccio sotto i detriti si è ridotto di quasi 1 metro, da 26 a 25 metri”.

L’alpinista aquilano Paolo Boccabella ha definito la situazione “drammatica” perché “il ghiacciaio è sparito non alla fine dell’estate, ma già a metà agosto”. Quest’anno sul Gran Sasso è nevicato poco, salvo l’evento eccezionale del 18 gennaio, lo stesso che ha provocato la tragedia dell’hotel Rigopiano. Boccabella ha spiegato che il problema sono le nevicate di novembre, che da tre anni mancano. “È quella la neve che rimane, non quella di gennaio”. La primavera secca e l’estate particolarmente calda hanno dato il colpo di grazia al Calderone.

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