Erano “pronti ad agire”: avevano il colpo in canna, i caschi integrali calati sulla testa per travisare la propria identità. In quattro, a bordo di un’autovettura e di un grosso scooter. Li hanno fermati, questa volta, i carabinieri di Torremaggiore, in provincia di Foggia, prima che – sospettano gli inquirenti – il conto dei morti ammazzati nella provincia pugliese lievitasse oltre i 17 caduti guerra di mafia in corso dall’inizio dell’anno.

Il comandante Marco Aquilio lo dice senza girarci troppo attorno: “Siamo assolutamente convinti di aver impedito l’esecuzione di un altro omicidio”, riporta l’edizione barese di Repubblica. Ad appena tre giorni dalla mattanza di San Marco in Lamis nella quale hanno perso la vita il presunto boss Mario Luciano Romito, suo cognato e due contadini, stava per scorrere altro sangue. Un agguato legato a quella strage? E’ “azzardato” dirlo, affermano convintamente gli investigatori.

I quattro, tutti pregiudicati, sono stati notati mentre entravano in un box con dei borsoni. Ne sono usciti poco dopo e sono stati bloccati: “Erano pronti a far fuoco, avevano il colpo in canna – spiegano i carabinieri – Armati fino ai denti”. Una pistola semiautomatica e due revolver, 28 colpi a disposizione. E poi maschere in gomma, cappellini, guanti in lattice  e una tanica di benzina. Dove andavano? “Siamo certi che la città di Torremaggiore venga utilizzata come base logistica dai criminali. Non abbiamo ancora contezza di chi fosse la vittima designata”. Ma fonti investigative affermano che i quattro pregiudicati erano pronti “a fare qualcosa di grosso”, probabilmente da inserire nella lotta tra gruppi criminali e mafiosi del Foggiano. Uno dei quattro, Tommaso D’Angelo (nella foto sopra, ndr), è ritenuto vicino al clan Moretti-Pellegrino-Lanza, attivo nella città capoluogo.

“Azzardato”, però, circostanziare le intenzioni del gruppo di fuoco con quanto accaduto tra Apricena e San Marco in Lamis. Anche perché le faide garganiche di rado si sono incrociate con la Società, attiva tra Foggia e San Severo. Per la strage consumata il 9 agosto, proseguono le indagini. Le forze di polizia – coordinate dalla Dda barese – stanno portando avanti perquisizioni a tappeto negli ambienti vicini al clan Li Bergolis, attorno al quale si stanno concentrando le attenzioni degli investigatori visti gli antichi attriti con la famiglia di Mario Romito. Non ci sono, al momento, persone iscritte nel registro degli indagati, ma almeno 2 pregiudicati legati ai Li Bergolis risultano irreperibili e i sospetti – al momento – si concentrano su di loro.

Una mano potrebbe arrivare dalla turista francese che ha incrociato il commando prima dell’esecuzione della carneficina. La donna ha incrociato la Ford Kuga sulla quale viaggiavano in quattro – secondo il suo racconto – e notando i volti travisati e le armi si sarebbe fermata poco dopo, quando ha incontrato una pattuglia della polizia municipale, per comunicare quanto aveva visto. Difficile però la comunicazione con i vigili, a causa della lingua. “Non è sotto protezione – hanno affermato venerdì pomeriggio gli uomini dell’Arma, smentendo una notizia circolata per alcune ore – Si è presentata spontaneamente in caserma per spiegare quanto aveva visto, dopo aver appreso che c’era stato un quadruplo omicidio”.

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