Resta altissima la tensione tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Dopo l’avvertimento rivolto a Kim Jong-un da Donald Trump (“se Pyongyang continuerà con l’escalation della minaccia nucleare la risposta americana sarà fuoco e furia, come il mondo non ha mai visto”), è il Pentagono a usare toni duri: “La Corea dovrebbe mettere fine alle azioni che potrebbero portare a una fine del suo regime e alla distruzione della sua gente”, ha detto il segretario alla Difesa James Mattis.

Nell’ormai quotidiano scambio di accuse e minacce tra Washington e Pyongyang si inserisce la Cina, accusata a più riprese dal capo della Casa Bianca di aver fatto poco per riportare a più miti consigli il giovane leader nordcoreano. “Ci auguriamo che tutte le parti rilevanti parlino con cautela e si muovano con prudenza, evitando – recita una nota del ministero degli Esteri di Pechino – di provocarsi a vicenda e un’ulteriore escalation della tensione, battendosi per il ritorno quanto prima possibile al corretto binario del dialogo e dei negoziati”. Un invito alla moderazione arriva anche da Mosca: la Russia, ha dichiarato l’ambasciatore russo alle Nazioni unite Vassily Nebenzia, spera che gli Stati Uniti eviteranno qualsiasi mossa che provochi la Corea del Nord verso azioni pericolose, mentre “una soluzione militare non è un’opzione in alcun modo”.

Dai retroscena provenienti da oltreoceano emerge che l’amministrazione Trump resta in queste ore divisa sull’approccio da adottare sulla questione. Secondo il New York Times, da una parte ci sono i falchi capeggiati dal capo del Pentagono Mattis e H.R.McMaster, consigliere per la sicurezza nazionale, favorevoli a una risposta forte verso la minaccia rappresentata dal regime di Pyongyang. Dall’altra c’è invece Steve Bannon, consigliere strategico di Trump, che preme sul presidente perché non dia troppa importanza alle provocazioni di Kim Jong-un e si concentri piuttosto sui rapporti con la Cina.

Secondo il quotidiano newyorkese, inoltre, l’avvertimento lanciato dal presidente alla Corea del Nord – quello relativo alla reazione “fuoco e furia” da parte degli Usa se continuerà la minaccia nucleare – sarebbe stato del tutto improvvisato, e avrebbe colto totalmente di sorpresa sia i suoi più stretti collaboratori alla Casa Bianca sia i membri della sua amministrazione. Lo stesso segretario di stato Rex Tillerson, che giorni fa aveva paventato la possibile apertura di un negoziato con il regime di Kim Jong-un, ha tentato di tranquillizzare gli americani assicurando che “possono dormire sonni tranquilli”.

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