Durante l’ultimo meeting a Francoforte Mario Draghi ha gettato acqua sul fuoco. Ma non sono in pochi a scommettere lo stesso su una prossima revisione del programma di quantitative Easing della Bce. Se ne parlerà in autunno, quando il governatore dell’Eurotower sarà costretto a destreggiarsi tra le pressioni della Germania, vicina a esaurire gli effetti positivi dell’alleggerimento quantitativo sui suoi conti, e le necessità di nazioni periferiche come l’Italia, che stanno continuando a beneficiare degli acquisti dell’Eurotower. I segnali di un prossimo cambiamento di rotta sono palpabili, e potrebbero avere ripercussioni sulla crescita del nostro
Paese. Nel corso di quest’anno gli acquisti si sono infatti già ridotti a 60 miliardi di euro al mese, con l’effetto di invertire il trend ribassista degli interessi pagati sul debito pubblico. Ma Draghi potrebbe portare la quota massima a 40 miliardi, provocando una riduzione della liquidità a disposizione dei grandi gruppi industriali italiani che negli ultimi mesi, anche grazie agli acquisti dei corporate bond da parte della Bce, hanno effettuato nuovi investimenti.

“Pazienza, persistenza e prudenza”, è stato il motto utilizzato da Draghi nella conferenza stampa del 20 luglio a margine della riunione del board, che ha confermato all’attuale livello i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, pari a 0%, sulle operazioni di rifinanziamento marginale a 0,25%, e -0,4% sui depositi presso la banca centrale, continuando a escludere rialzi dei tassi se non dopo la fine del quantitative easing. “Stiamo finalmente sperimentando una ripresa robusta”, ha detto il governatore (l’Eurozona è cresciuta dello 0,6% nel primo trimestre del 2017, dopo lo 0,5% dell’ultimo trimestre del 2016, e lo 0,4% di quello precedente), favorendo l’impennata dell’euro nei confronti del dollaro, nell’immediato a 1,1650 e poi spingendosi nei giorni scorsi oltre quota 1,17, livelli che non si vedevano da quasi due anni.

E dunque, nonostante abbia ammesso che l’inflazione, a giugno in calo all’1,3%, è ancora lontana dal target del 2% di Francoforte, le sue parole hanno rafforzato le previsioni degli analisti su una prossima partenza del programma di tapering. Quando avverrà? È stato questo l’interrogativo posto più volte al governatore della Bce: “Non ne abbiamo ancora discusso”, la sua laconica risposta, che rinvia il tema al prossimo autunno. Draghi ha specificato anche che “se lo scenario dovesse essere meno favorevole la Bce è pronta ad aumentare gli acquisti di asset in dimensione e durata”. Draghi tuttavia ha confermato la propria partecipazione all’annuale simposio della Federal Reserve, in programma dal 24 al 26 agosto a Jackson Hole, nel Wyoming, da cui era assente dal 2014. Molti si attendono già da questo appuntamento qualche importante novità, preludio del meeting della Bce a Francoforte del prossimo 7 settembre.

Berlino grazie ai tassi bassi ha risparmiato 240 miliardi in dieci anni

L’Italia guarda alle decisioni dell’Eurotower con grande attenzione. In poco più di due anni la Bce ha immesso sul mercato 2,3 trilioni di euro, acquistando attraverso la Banca d’Italia oltre 270 miliardi di euro di titoli. Solo l’anno scorso la Bce ha raccolto dal mercato secondario un ammontare di Btp pari al 30% del totale delle emissioni di nuovo debito del governo italiano, contribuendo a portare il tasso medio delle emissioni nel 2016 al minimo assoluto dello 0,55% e dando forza al Tesoro per lanciare, per esempio, un’emissione a 50 anni con un tasso estremamente basso, al di sotto del 3 per cento. Ma il trend si è già invertito ed è la prima volta dal 2011: a partire dallo scorso aprile la Bce ha ridotto gli acquisti da 80 a 60 miliardi di euro al mese e il tasso medio delle emissioni al 30 giugno si è portato allo 0,80 per cento, oltre lo 0,70% registrato nel 2015.

Questa manovra riflette non solo lo stato di salute dell’Eurozona ma anche un delicato equilibrio politico da mantenere. La Germania infatti ha quasi esaurito il vigore del Quantitative Easing sui suoi conti: Berlino rappresenta il primo contributore dell’Eurotower, e grazie al criterio del capital key, ovvero l’acquisto di bond correlato al capitale detenuto da ogni banca centrale presso la Bce, lo stock di debito acquistabile dalla Bundesbank si è sensibilmente ridotto e ai livelli attuali presto potrebbero non esserci titoli acquistabili a sufficienza. Con rendimenti giunti in territorio negativo, la Germania è riuscita a ridurre ulteriormente il proprio debito pubblico, già in trend ribassista negli ultimi anni: dall’81% del 2010 al 75% del 2014, Berlino ha portato nel 2016 il proprio debito pubblico rispetto al Pil al 68 per cento. Un report della Bundesbank del 24 luglio affronta proprio il tema dei bassi tassi degli ultimi 10 anni, che ha consentito un risparmio di ben 240 miliardi di euro di interessi, e solo lo scorso anno il risparmio è stato di 47 miliardi, ovvero l’1,5% del Pil tedesco. Ma la Bundesbank ha riservato anche una stilettata al nostro Paese, sottolineando che se il risparmio sugli interessi degli ultimi 10 anni per la Germania è stato dell’8% rispetto al Prodotto interno lordo, e Finlandia, Portogallo, Spagna e Irlanda si sono fermate a una quota compresa tra il 5 e il 6%, Austria, Paesi Bassi, Francia e Italia hanno invece risparmiato oltre il 10% del Pil.

“La Bce sta finanziando un enorme programma di lavori pubblici in Italia”, ha scritto il Nyt

Draghi dunque potrebbe portare dal prossimo anno gli acquisti a 40 miliardi al mese, che permetterebbero di allungare la vita dell’alleggerimento quantitativo almeno fino a giugno 2018, ed esercitando fin dove possibile quella flessibilità che ha permesso dallo scorso anno di aumentare le quote acquistabili dei bond dei Paesi periferici come l’Italia. Il presidente della Bce ha più volte definito il Quantitative Easing “indubbiamente efficace”. E uno degli effetti della politica monetaria operata dal numero uno dell’Eurotower nel nostro Paese è stato descritto da un recente reportage da Pistoia del New York Times. Dal 2016 la Bce ha infatti permesso l’acquisto di corporate bond, e in poco più di un anno ha rilevato quasi 100 miliardi di euro per oltre 950 emissioni obbligazionarie di circa 200 aziende. Le italiane hanno raccolto l’11% di questo ammontare, e tra di esse figurano attori strategici del sistema Paese come Eni ed Enel, ma anche protagonisti delle utility e delle infrastrutture.

“La Bce sta finanziando un enorme programma di lavori pubblici in Italia”, ha scritto il quotidiano Usa. All’interno del CSPP (Corporate sector purchasing programme) figura per esempio Hera, che a marzo ha annunciato la creazione di un nuovo impianto a S. Agata Bolognese da completare entro il 2018, un investimento di 30 milioni di euro che consentirà ogni anno la produzione, a regime, di 20.000 tonnellate di fertilizzante naturale e 7,5 milioni di metri cubi di biometano. Mentre la città toscana è stata interessata dall’intervento della Bce per Ferrovie dello Stato, che ha così accelerato i propri investimenti e ha aperto un bando per 39 nuovi treni regionali, vinto da Hitachi Rail Italy, basata proprio a Pistoia. La conglomerata giapponese aveva acquistato il ramo d’azienda ferroviario di AnsaldoBreda da Finmeccanica nel 2015, dopo aver rischiato la chiusura sotto il peso dell’indebitamento e dell’inefficienza produttiva. Gli investimenti tecnologici e organizzativi apportati prima dalla stessa Finmeccanica ma soprattutto da Hitachi hanno permesso di salvaguardare il polo produttivo e i circa 1.000 posti di lavoro, contribuendo poi ad aggiudicarsi nuove commesse a Miami e Honolulu.

Articolo Precedente

Fonsai, “l’azione di responsabilità era una questione di amicizia: alcuni manager protetti dalla richiesta di risarcimento”

next
Articolo Successivo

Ater Roma, le case popolari della Capitale tagliano il riscaldamento per gli inquilini morosi

next