Ho sempre sognato di fare la casalinga, trovo che sia una missione sublime quella di lottare contro la polvere. Per questo sono diventato un regista casalingo, e anche io, a mio modo, lotto contro la polvere, cerco di “salvare” gli esseri umani che incontro con i miei videoritratti.

Sono un regista a tutti gli effetti, nei miei film c’è una storia: il volto di chi riprendo. C’è un montaggio. C’è una colonna sonora. C’è il mio stile. Un regista non ha bisogno di altro. Ah, c’è anche un produttore: mia madre. A volte esco di casa, ma mi sposto di poco, in quel caso sono un regista di quartiere, come l’uomo ragno che è un supereroe di quartiere.

I miei sogni di gloria ormai li ho messi sotto il tappeto, e sopra il tappeto sono diventato semplicemente un uomo che racconta se stesso e gli altri attraverso il proprio sguardo. Eppure c’è ancora chi chiama video i miei film! C’è chi pensa che per fare cinema ci sia bisogno di una macchina produttiva alle spalle. Alle mie spalle c’è la vita, ma ad alcuni non sembra sufficiente la vita e così, c’è chi pensa che il cinema sia solo nelle sale cinematografiche. Sarebbe come sostenere che il vino per essere vino debba essere imbottigliato e con l’etichetta.

Il cinema è sostanzialmente uno sguardo sul mondo. Il mio sguardo non ha bisogno di una sala cinematografica per esistere e nemmeno del tappeto rosso di un festival, mi basta un piccolo canale su YouTube per diffondere il mio sguardo e anche questo spazio su Il Fatto Quotidiano online.

Non sono un regista dai grandi numeri, sto in una nicchia come i santi. Non soffro di complessi di inferiorità nei confronti di nessuno, anzi, vivo la mia libertà creativa con sommo gaudio. Non ho un film nel cassetto, i miei film vivono per le strade o si siedono sul divano di casa mia, e non devo fare altro che accendere il mio sguardo.

Ma così siamo tutti registi! Qualcuno potrebbe obiettare. E qui casca l’asino. No. Siete tutti registi della domenica, forse anche del sabato, ma non di più. Io invece sono regista ogni giorno della settimana, è la mia passione, la mia vita, il mio stile.

Altra espressione che odio è “filmato”. Un pittore fa un quadro, non un quadrato. Io faccio un film, non un filmato. Se non sei famoso o se non hai un produttore le persone non ti prendono sul serio. Ma questo è un problema vostro, non mio. Ricapitolando: sono un regista, un regista casalingo e di quartiere, faccio film e non filmati, la parola video la salviamo solo per i videoritratti (ma io userei l’espressione “filmritratti”). E non chiamateli mai interviste: le interviste le fanno i giornalisti e io non sono un giornalista.

In fondo, se ci sono i filmini delle vacanze, perché non dovrebbero esserci i film di Ricky Farina?

E volete saperla tutta? Sono il più grande regista casalingo del mondo: per viaggiare non serve il passaporto.

Articolo Precedente

Ayahuasca, sogni lucidi e stadi psichedelici: il potere ‘curativo’ delle piante allucinogene

next
Articolo Successivo

Incubi di una notte agostana (e intollerante)

next