Uno stupro per vendicarne un altro. È quanto accaduto a Muzaffargah, nel distretto di Multan nel Punjab pakistano, dove la polizia ha arrestato i membri di un ‘panchayat’, un Consiglio di villaggio, che per punire uno stupratore hanno ordinato lo stupro della sorella 17enne dell’uomo da parte del fratello della vittima. Si tratta di una bambina di 12 anni, che è stata violentata in un prato dove i genitori le avevano chiesto di tagliare l’erba.

Il responsabile, catturato dalla popolazione, è stato presentato davanti ai 40 uomini del ‘panchayat’, che per ‘sanare’ la questione hanno ordinato al fratello della vittima di violentare la sorella dell’accusato. Cosa che è avvenuta poco dopo in una stanza attigua, mentre il pubblico sostava all’esterno. Due giorni dopo, però, la famiglia della ragazza di 17 anni ha presentato alla polizia una denuncia per violenza carnale. E a loro volta i famigliari della ragazzina violentata hanno fatto lo stesso. Questo ha permesso agli agenti di attivarsi, arrestando prima lo stupratore, e poi almeno 20 membri del ‘panchayat’ firmatari della sentenza.

Un caso che ha fatto riemergere la vecchia pratica punitiva pachistana per i casi di violenza sulle donne denominata ‘Vanni’, che già in passato era stata fortemente criticata. Nel 2002, aveva fatto scalpore lo stupro della ventottenne Mukhtar Mai, per vendicare il presunto flirt del fratello dodicenne con una donna più grande. Il processo ai danni degli aggressori di Mai ha fatto il giro del mondo, essendo uno dei rari casi in cui il Pakistan ha pubblicamente riconosciuto il reato di stupro. Dopo le condanne nei primi gradi di giudizio, la Corte Suprema ha graziato gli stupratori, e ha proposto alla Mai di andare a vivere all’estero. Tuttavia, la ragazza ha deciso di restare nella sua terra e di aprire una scuola per ragazze lontana dal luogo in cui era stata violentata.

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