Paolo Benvegnù aprirà il concerto di Motta del 25 luglio prossimo a Roma, a Villa Ada: segno inequivocabile di un mondo che gira al contrario.

Perché? Perché Benvegnù ha scritto pagine importanti della musica d’autore italiana. Prima con gli Scisma, che negli anni Novanta si sono imposti sulla scena come una delle band indipendenti artisticamente più strutturate, che ha segnato un passo importante nella storia della canzone di qualità. Sperimentali ma mai tanto cervellotici da risultare non fruibili nella forma, gli Scisma hanno rappresentato un ponte imprescindibile tra l’underground e il pop, che poi sarebbe stata la strada dei Baustelle, per esempio.

Da solista, Benvegnù ha esordito nel 2004 con Piccoli fragilissimi film e nei cinque dischi pubblicati fino a oggi si è sempre fatto apprezzare dalla critica come autore estremamente raffinato, che ha ricevuto premi importanti ed è stato più volte finalista per la Targa Tenco per il disco dell’anno. In soldoni: oggi Benvegnù è davvero universalmente riconosciuto come uno dei cantautori migliori del panorama italiano. Senza di lui e senza gli Scisma, qualcosa oggi sarebbe diverso.

Motta, invece, dopo una proficua gavetta e un paio di dischi con la band Criminal Jokers, ha vinto diversi riconoscimenti, tra cui la Targa Tenco per l’opera prima nel 2016 con l’album “La fine dei vent’anni”. A parere di chi scrive, questo è avvenuto grazie alla produzione di Riccardo Sinigallia, senza il quale quelle canzoni strutturalmente risulterebbero afasici borborigmi adolescenziali.

Ecco, il peso storico dei due artisti è imparagonabile, e in un mondo appena decente dovrebbe essere Motta ad aprire i concerti di Benvegnù. Sia chiaro, Benvegnù è libero di fare ciò che vuole. Sulla sua pagina Facebook si legge un post che dice: “Martedì 25 luglio vi aspettiamo nella bellissima cornice di Villa Ada assieme all’amico Motta!”.

Non contesto minimamente sua la decisione. Con quale diritto potrei farlo? Io qui denuncio lo stato di cose che porta a far sì che un cantautore accetti di aprire il concerto di un suo collega, limpidamente meno importante di lui per la storia della canzone d’autore italiana.

Perché, intendiamoci, in qualunque modo la si voglia vedere, il gesto di aprire un concerto ha il seguente significato: io artista titolare del concerto in questione ti do la possibilità di aprirmi la serata con alcune tue canzoni, perché penso che la tua musica debba essere conosciuta, te lo meriti e io ti propongo al mio pubblico.

Non mi sembra esattamente il caso in questione. Questo è il caso lampante in cui un sistema mediatico distorto produce un fastidioso paradosso. Auguri.

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