I pm di Roma hanno ascoltato il capo di Stato Maggiore dei carabinieri Gaetano Maruccia all’interno dell’indagine Consip. Il generale dell’Arma si è presentato davanti ai magistrati in qualità di persona informata sui fatti. L’incontro nasce con ogni probabilità da un messaggio Whatsapp inviato dal capitano del Noe Gianpaolo Scafarto a diversi sui contatti, tra i quali il vicecomandante Alessandro Sessa. “È stata una cazzata dirlo al capo attuale”, era scritto nel testo estratto dal cellulare di Scafarto. Data: 9 agosto 2016.

Ma il vicecomandante del Noe, ascoltato a maggio come teste, aveva detto di aver riferito delle intercettazioni su Consip al suo capo Sergio Pascali, comandante del Nucleo operativo ecologico, dopo il 6 novembre. Fino a quel momento, come ha detto anche il capitano Scafarto ai pm romani, Pascali era stato tenuto all’oscuro perché amico del collega generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della Toscana, vicino ai Renzi e a Luigi Marroni, numero uno di Consip.

E quindi i magistrati si stanno chiedendo chi sia “il capo” a cui si fa riferimento in quel messaggio. Per la Procura di Roma potrebbe essere Pascali, ergo Sessa potrebbe essere un depistatore. Nel precedente interrogatorio – questa è l’ipotesi dei pm – Sessa avrebbe omesso di avere detto a Pascali dell’intercettazione su Consip. Questa omissione avrebbe impedito ai pm di contestare la circostanza a Pascali, notoriamente amico di Saltalamacchia, accusato di rivelazione di segreto e favoreggiamento per la soffiata su Consip. La parola “capo” però, come fatto notare al Fatto Quotidiano a giugno da vicine ai due imputati di questa storia (Sessa per depistaggio e Scafarto per falso aggravato, per i due errori nell’informativa su Renzi e sui Servizi segreti), non è detto che sia Pascali.

Il capitano Scafarto, interrogato ieri sul punto, è stato vago. Ci sarebbe un altro “capo” possibile: il generale Gaetano Maruccia, ovviamente non indagato. All’interno di questo scenario, il capo di Stato Maggiore dovrebbe essere stato ascoltato sabato dai pm romani. Se, infatti, Scafarto e Sessa avessero avvertito Maruccia, non ci sarebbe nulla di male e – secondo fonti interpellate a giugno dal Fatto – l’accusa di depistaggio per Sessa cadrebbe. Al termine dell’incontro, il generale si è detto “lieto di aver potuto contribuire alla ricerca della verità” e “fiducioso di aver fornito ogni possibile apporto al fine di pervenire a una corretta ricostruzione dei fatti”.

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