Il nome di Ratzinger è legato a doppio filo a quello del coro maschile di voci bianche della cattedrale di Ratisbona. I Regensburger Domspatzen, un’eccellenza conosciuta e apprezzata in tutto il mondo come la Cappella Sistina, sono stati diretti per trent’anni, dal 1964 al 1994, da monsignor Georg Ratzinger, fratello maggiore di Benedetto XVI, oggi 93enne. È proprio durante gran parte di questo lunghissimo periodo che sono avvenuti gli abusi di almeno 547 bambini del coro. Una tegola pesantissima per la famiglia Ratzinger e in particolare per Benedetto XVI che ha attuato con coraggio e determinazione la politica della tolleranza zero nel contrasto della pedofilia del clero. Una piaga che, proprio durante il suo pontificato, è deflagrata in modo impressionante, dall’Irlanda agli Stati Uniti d’America, ma anche in tanti altri Paesi del mondo. E già allora non aveva risparmiato il coro dei “Passeri del Duomo” di Ratisbona come viene chiamato in tutto il mondo.

Era il 2010 e mentre Benedetto XVI cercava di arginare lo scandalo della pedofilia scoppiato proprio durante l’anno sacerdotale da lui indetto, il fratello Georg ammise, tra lo stupore generale, di aver dato qualche volta dei ceffoni ai bambini del suo coro. Ma monsignor Ratzinger non si fermò qui, rivelando anche che dai piccoli aveva saputo che il rettore del convitto nel quale vivevano li picchiava sistematicamente con estrema durezza, imponendo loro anche delle punizioni corporali del tutto immotivate. “Io ero felice a ogni prova del coro – raccontò allora Georg Ratzinger – ma devo ammettere che spesso diventavo depresso, perché non raggiungevamo i risultati che volevo. E all’inizio io ho spesso distribuito schiaffi, anche se poi mi rimordeva la coscienza per averlo fatto”.

Il fratello di Benedetto XVI precisò “di non aver mai picchiato nessun ragazzo fino a procurargli lividi o lesioni. I ragazzi – proseguì il presule – mi hanno raccontato cosa succedeva al convitto. Sapevo che il rettore dava loro schiaffi molto violenti e anche che lo faceva per motivi molto futili”. Ma monsignor Georg si giustificò dicendo che il convitto era un’istituzione indipendente, quindi egli, come maestro del coro, non aveva l’autorità di denunciarlo. E comunque non seppe mai di abusi sessuali. In ogni caso, precisò ancora monsignor Georg, “io fui molto felice, mi sentii sollevato quando nel 1980 furono vietate le punizioni corporali. Anch’io, da piccolo, presi dei ceffoni”.

Determinante nella gestione di quella vicenda, che creò non poco imbarazzo a Benedetto XVI, fu l’azione – che all’epoca sembrò risolutiva – dell’allora vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller, che da otto anni, ovvero dal 2002, era stato nominato da Giovanni Paolo II alla guida della diocesi. Due anni più tardi Müller, che intanto aveva già iniziato a curare l’Opera Omnia di Benedetto XVI, fu nominato proprio dal Papa tedesco prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, divenendo così il secondo successore di Ratzinger alla guida del più importante dicastero vaticano. Nel 2014 Francesco, in omaggio a Benedetto XVI lo nominò cardinale. Recentemente, però, al termine del quinquennio di Müller al vertice dell’ex Sant’Uffizio, Bergoglio lo ha licenziato mandandolo in pensione a 69 anni e mezzo, ben cinque anni prima dell’età prevista dal Codice di diritto canonico. A puntare il dito contro il porporato è stata l’ex vittima di abusi sessuali, Marie Collins, nominata da Francesco nella Pontificia Commissione per la tutela dei minori. La donna irlandese, infatti, si è dimessa dal suo incarico accusando Müller di aver ostacolato il lavoro dell’organismo vaticano voluto da Bergoglio per sradicare la pedofilia nella Chiesa. Un’accusa che ora, con il riemergere in modo drammatico degli abusi sui bambini del coro di Ratisbona, si fa ancora più inquietante e apre diversi interrogativi sulla gestione della diocesi tedesca da parte di Müller.

I “Regensburger Domspatzen” sono tra i cori di voci bianche maschili più antichi del mondo. La loro origine risale addirittura alla vigilia dell’anno 1000 ma, secondo alcuni storici, potrebbe essere addirittura di tre secoli più antica. Esso è composto attualmente da una quarantina di bambini che curano l’accompagnamento musicale di tutte le liturgie che si svolgono nella cattedrale di Ratisbona. Durante il periodo in cui partecipano al coro, i ragazzi frequentano l’annesso liceo musicale e così hanno la possibilità di conseguire un titolo spendibile nella loro vita una volta che, cambiata la voce con l’età dello sviluppo, sono costretti a dover abbandonare i “Regensburger Domspatzen”. Ma questa eccellenza musicale conosciuta in tutto il mondo è impegnata anche in numerose tournée internazionali: dall’America Latina all’Africa e all’Asia. Le loro incisioni su cd si sono trasformate negli anni in best seller che hanno scalato le classifiche di musica classica del globo. I “Passeri del Duomo” sono, inoltre, ambasciatori dell’Unicef e ambasciatori culturali d’Europa.

Alla guida del coro di Ratisbona monsignor Ratzinger ha effettuato numerosi concerti in tutto il mondo partecipando anche alle rassegne corali internazionali di musica sacra negli Stati Uniti, in Scandinavia, Canada, Taiwan, Giappone, Irlanda, Polonia, Ungheria, Italia e ovviamente in Vaticano, oltre a esibizioni in Germania e Austria. Furono proprio i “Regensburger Domspatzen” ad accompagnare l’ingresso nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dell’allora monsignor Joseph Ratzinger, nel 1977. Il 22 ottobre 2005 il coro si esibì nella Cappella Sistina per omaggiare Benedetto XVI, che pochi mesi prima era stato eletto Papa, e il loro storico direttore Georg Ratzinger. “Ascoltandovi – disse il Pontefice tedesco al termine dell’esibizione – mi sono sentito riportato nei miei anni di Ratisbona, tempi belli quando mediante il mio fratello ho potuto integrarmi anch’io un po’ nella famiglia dei ‘Domspatzen’. Alla fine dei trent’anni di lavoro con il vostro coro, egli ha detto: ‘Il buon Dio non avrebbe potuto affidarmi un compito più bello’. Questo non è stato soltanto un ringraziamento personale per una chiamata meravigliosa; è stato al contempo un augurio: che i ‘Domspatzen’ continuino ad essere messaggeri del bello, messaggeri della fede, messaggeri di Dio in questo mondo, e trovino sempre, secondo la loro chiamata principale, il centro della loro attività nel servizio liturgico per la gloria di Dio”.

Twitter: @FrancescoGrana

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