Va avanti la procedura d’infrazione che la Commissione europea ha avviato nei confronti dell’Italia per la mancata osservanza della direttiva europea 2011/70/Euratom sul trattamento delle scorie nucleari. Nei mesi scorsi il nostro Paese era stato messo in mora. Sotto accusa il ritardo nella trasmissione del programma nazionale per l’attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei combustibili radioattivi, che avrebbe dovuto essere trasmesso entro il 23 agosto 2015 dall’Italia come da tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Per molti il documento, a cui devono lavorare i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico (con la collaborazione delle Regioni) non è ancora arrivato perché il Governo teme rivolte di piazza sulla delicata questione dell’individuazione dei siti di stoccaggio, con conseguenze pesanti in termini di consenso elettorale. Proprio a giugno il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha annunciato lo slittamento di altri sei mesi per la pubblicazione della Cnapi, la Carta delle aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito. L’Italia ora ha due mesi di tempo per adempiere ai propri obblighi, in caso contrario la Commissione può decidere di deferirli alla Corte di giustizia dell’UE. “Sarebbe un fatto grave – ha commentato Francesco Ferrante di Green Italia – come è altrettanto grave che da quasi 2 anni il Governo non assolve i suoi doveri nei confronti dell’Europa e dei cittadini italiani, che hanno il diritto di sapere subito quali sono le località contenute nella Cnapi”.

I RITARDI ACCUMULATI – Come annunciato da Calenda un paio di settimane fa in Commissione bicamerale ecomafie, la Carta dovrebbe essere resa pubblica entro il quarto trimestre del 2017, ossia entro settembre e non entro giugno come dichiarato in precedenza dallo stesso ministro. La Cnapi era stata consegnata ai due ministeri già agli inizi del 2015 da Sogin, società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Sulla base di una serie di osservazioni dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) Mise e Ministero dell’Ambiente ne hanno richiesto una revisione. La nuova versione è stata consegnata da Sogin in primavera per essere pubblicata in estate. A giugno, appunto, l’annuncio di Calenda. Che ha specificato: la Carta sarà resa pubblica dopo la chiusura del procedimento di Valutazione ambientale strategica, funzionale proprio all’adozione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. Strumento per il quale si viaggia con due anni di ritardo, con un rinvio del confronto con le comunità locali per la scelta condivisa del sito su cui costruire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. D’altro canto già a marzo 2015, quando a guidare il Mise c’era Federica Guidi, il ministro aveva anticipato che i tempi dettati dall’Europa per la trasmissione degli atti non sarebbero stati rispettati.

LA PROCEDURA D’INFRAZIONE – Da qui la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea. “L’insostenibile inerzia di Sogin e Governo – ha commentato Ferrante – ora fortunatamente sarà scossa dal rischio di infrazione, e con buona pace dei soliti timori legati alla finestra elettorale, si dovrà discutere apertamente sulla localizzazione del deposito di rifiuti nucleari, accompagnando la discussione anche con una disamina dei costi sostenuti dai cittadini per Sogin, pagata finora per non fare sostanzialmente nulla”. Costi (quelli fissi) che ammontano a “130 milioni di euro annui, mentre nel primo semestre del 2017 – ha ricordato Ferrante – ne sono stati spesi 23, a fronte di un budget annuale inizialmente previsto di 88 milioni per i lavori di decommissioning. Decomissioning che però, anche quest’anno, non ci sarà”. Ma quali sono i tempi? Il programma dovrebbe essere adottato definitivamente, con decreto del presidente del Consiglio “al più tardi entro il primo trimestre 2018” ha detto Calenda, specificando che “con la pubblicazione della Carta si aprirà “una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che terminerà con un seminario nazionale al quale saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti e interessati”.

I TEMPI – L’esito della consultazione porterà a una versione aggiornata della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) che dovrà essere approvata con decreto dei ministri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture. A quel punto partirà l’iter per l’acquisizione delle manifestazioni di interesse, una procedura aperta a Regioni ed enti. In caso non ve ne fossero di spontanee, saranno attivati dei comitati misti Stato-Regioni e si cercherà l’intesa della Conferenza unificata Stato-Regioni ed Enti locali. Se non si raggiungesse l’intesa sui siti la decisione sarà assunta con deliberazione del Consiglio dei ministri a cui parteciperà ciascun presidente di Regione interessata. Seguirà una fase di indagini tecniche svolte da Sogin (sotto la vigilanza dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) su ciascun sito della durata di 15 mesi. Il tempo stimato per arrivare all’autorizzazione per la costruzione del Deposito nazionale, che costerà un miliardo e mezzo di euro, è di circa quattro anni dalla definizione delle caratteristiche delle aree potenzialmente idonee. La realizzazione è prevista per la fine del 2025, mentre l’esercizio delle strutture per l’immagazzinamento dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito è previsto a partire dall’inizio del 2024. Tutto questo salvo ulteriori ritardi.

Articolo Precedente

Da Pantelleria fino a Maratea: le aree marine protette sono previste, ma inesistenti. E la fauna è dimezzata

next
Articolo Successivo

Glifosato, l’Ue vuole rinnovare l’uso del pesticida per altri dieci anni. Ecco perché dobbiamo indignarci

next