Televisione

Apologia del fascismo? L’antidoto c’è perfino in tv. “La Grande Storia” torna in prima serata. E trascina gli ascolti di Rai3

Il programma che compie vent'anni ripropone il racconto storico in prime time. E vince: la puntata della scorsa settimana ha registrato il terzo miglior venerdì di Rai3 nel 2017. Un "miracolo" che si rinnova in continuazione: alta qualità, fact-checking e audience, puntando su nuove angolazioni e un linguaggio rinnovato

di Diego Pretini

Fascismo e antifascismo tornano a fare da pallina per il ping-pong politico: non si arriva a punto perché non interessa. Tutto è all’ingrosso: un mercatino dell’usato allestito quando l’armamentario politico si fa deboluccio. Il Paese che non ha mai fatto i conti con se stesso, come se Mussolini fosse piovuto da Marte, vorrebbe darsi una regolata proprio ora, dopo ottant’anni e più. Fa un po’ senso se nessuno fa un plissé mentre a Monza diventa assessore l’appartenente a un’associazione che celebra ogni anno il suo 25 aprile nero ricordando i morti repubblichini. Ma d’altra parte è stato il più votato del partito che l’ha candidato, i Fratelli d’Italia: vale sempre oppure no il meccanismo democratico? E sulle prime colpisce la reazione sprezzante dei Cinquestelle al disegno di legge di Emanuele Fiano contro la propaganda delle ideologie nazifasciste per togliere di mezzo un po’ di paccottiglia dei fascisti del Duemila. E quel testo diventa la scusa per i partiti per fare a gara – più o meno sinceramente – a chi è più antifà, a chi è più fedele ai principi liberali della Costituzione. Ma allora, appunto, vale o no la libertà d’espressione, perfino per un fascista? Il gestore della spiaggetta nera di Chioggia, per dire, era così libero di esprimersi da aver affisso sui suoi cartelloni grossiere un elenco di citazioni con le quali Gandhi, Nelson Mandela e Albert Einstein elogiavano Mussolini. Tutte finte e non se n’era accorto: le aveva inventate un gruppo di satira su facebook che i fascisti in realtà li prende per le reni.

Proprio per questo, proprio per permettere anche all’imprenditore ombrellone e moschetto di evitarsi figure barbine, più della possibile legge Fiano, può fare il ritorno alla fonte, quello che va di moda chiamare fact-checking. Si può fare anche attraverso la tv e ci si può fare perfino ascolti: ci riesce da vent’anni la Grande Storia di Rai3 che come ogni estate ha ripreso il ciclo in prima serata (fino al 4 agosto). Dopo quasi 200 documentari, il programma che nel 1997 sfidò le regole della tv raccontando la Storia subito dopo cena, dimostra di non sentire l’età, di non soffrire l’arrembaggio dei nuovi media e soprattutto di non percepire il peso della prima serata. Un miracolo che si rinnova, alta qualità e audience: la Grande Storia fa servizio pubblico e nel mentre traina i venerdì di Rai3. L’ultimo record, venerdì scorso: quasi un milione e 300mila spettatori, share medio del 7 e mezzo per cento, il terzo risultato dei venerdì di Rai3 in tutto il 2017, dopo due film di richiamo come Il giovane favoloso e Viva l’Italia. E contro fiction, thriller e programmi di successo come Quarto Grado.

Miracolo! Fare ascolti con l’autorevolezza
Non c’è trucco e non c’è inganno, l’elisir della giovinezza della Grande Storia parte dalla solidità della struttura e della squadra guidata da Luigi Bizzarri con Nicola Bertini, Ilaria Degano, Mauro Longoni, Anna Maria Rotoli e Andrea Orbicciani. Un telaio ormai a prova di bomba: la scrittura del racconto con i moduli di un film, la scelta del linguaggio e degli aneddoti, la selezione della musica, le voci fuori campo dei migliori doppiatori italiani (Stefano Mondini, Roberto Pedicini, Riccardo Mei, Christian Iansante). Accanto a questo un ritmo più incalzante e l’aggiornamento continuo di argomenti già trattati: nuove prospettive, nuove scoperte. Così le puntate su fascismo e nazismo non sono mai “le solite cose”. Sopra a tutto, infine, l’autorevolezza che passa dai riferimenti bibliografici, i consulenti storici, il contributo di Paolo Mieli.

Eccolo il fact-checking, dunque. Siamo in un momento storico, disse tempo fa a ilfatto.it il responsabile del programma Luigi Bizzarri, in cui “contano sempre di più emotività e sentimento e sempre meno l’oggettività. L’antidoto secondo me è novecentesco. Cioè puntare sempre al principio di realtà. Tornare all’affidabilità del materiale, alla cura del repertorio, alla filologia. Non perdere mai di vista la ricerca della realtà oggettiva. E’ il lavoro che cerchiamo di fare noi sempre nel miglior modo possibile”.

L’esempio, appunto, nel venerdì da record della scorsa settimana. Una prima parte, firmata da Rosanna Lo Santo, dedicata al rapporto tra il nazismo e la droga, non solo perché il gerarca Hermann Göring, capo della Luftwaffe, delfino di Hitler, era tossicodipendente. Ma perché è provato che diventò un obbligo per i soldati della Wehrmacht: pillole di metanfetamina, per superare dolore e fatica e diventare “invincibili” nella Blitzkrieg. Una seconda parte – che ha fatto raggiungere il picco del 9 per cento – ha rivissuto l’avanzata degli Alleati e dei russi che mettono Hitler “nella morsa”: un documentario – firmato da David Korn-Brzoza, Olivier Wieviorka e Andrea Orbicciani – tutto a colori, con immagini anche inedite – non a caso premiato dall’ascolto. Lo stesso era accaduto nella prima puntata di questo ciclo con il racconto di Enzo Antonio Cicchino sul Fantasma di Mussolini, cioè il “viaggio” del corpo del Duce dopo la sua morte: da piazzale Loreto alla sepoltura vilipesa al Cimitero Maggiore fino al trafugamento da parte di alcuni missini e al passaggio alla Certosa di Pavia.

Mussolini tra gloria e polvere
Mussolini
 in vita sarà al centro della puntata di stasera, La gloria e la polvereMussolini colonizzatore, che regala finalmente la dignità di impero al Regno italiano. Mussolini sotto tiro, che riesce a scampare a decine di attentati e non sempre di antifascisti. Mussolini liberato, nell’Operazione Quercia voluta da Hitler per far diventare il Duce il suo fantoccio nel Nord Italia. E infine la culla di Mussolini, Predappio: quanto c’è, ancora, del fascismo nel paese che ha fatto nascere e ha cresciuto il capo assoluto?

Le altre storie della Storia
Poi la Storia dei grandi accanto alla storia dei piccoli. Nell’ultima puntata di questo ciclo, il 4 agosto, si racconteranno le esistenze e le avventure dei Capitani Coraggiosi: gli aviatori – da Gabriele D’Annunzio a Arturo Ferrarin fino a Francesco De Pinedo -, al leggendario comandante di dirigibili Umberto Nobile, fino all’impresa – con l’ombra del tradimento – della conquista del K2 del 1954, firmata da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli e rubata per decenni al vero vincitore di quella sfida, Walter Bonatti. E ancora: la storia delle guerre e dei personaggi mondani accanto alle storie del sacro, le Tracce di fede, come si intitola la puntata del 28 luglio: le reliquie di Gesù Cristo in Italia (la Casa di Nazareth, la Sacra Culla, il Santo Pannolino), i misteri e i dubbi della Sacra Sindone, la forza di Fatima, l’unica meta dei pellegrini senza attese miracolistiche e speranze di guarigioni.

La Germania e i conti con la Storia (d’Italia)
Il prossimo venerdì, invece, è dedicato ad altri aspetti meno conosciuti del Terzo Reich. Per esempio le fobie e le patologie che piegavano Adolf Hitler: era basso, per niente atletico, insonne, soffriva di gonfiore alle gambe e continui problemi gastrici, aveva una dentatura di cui si vergognava fino a non farlo sorridere. Come fece uno così a diventare l’archetipo dell’uomo nuovo ariano, il propugnatore della purezza della razza? E poi le ultime ore degli irriducibili al suo fianco, a Berlino, nei primi mesi del 1945: un racconto a colori dell’ultima resistenza, ormai non più lucida, di chi combatteva a Berlino. E dall’altra parte la corsa di americani e sovietici per la conquista della capitale del nemico comune. Infine le storie degli ufficiali nazisti che hanno lasciato scie di sangue in Italia, durante la ritirata verso il Nord. Albert Meier, Gerhard Sommer, Klaus Konrad: ritenuti responsabili delle stragi più efferate della Linea Gotica del 1944, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema fino a San Polo. Tutti condannati, ma con pene mai eseguite perché – come ha raccontato più volte ilfatto.it – la Germania si rifiuta. Non solo l’Italia, insomma, ha il problema di fare i conti con il proprio passato.

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