L’Italia non sta attuando le misure anti-Xylella e “le autorità stanno fallendo nel fermare il progredire del dannoso” batterio killer degli ulivi. La Commissione Ue insiste e invia a Roma un parere motivato annunciando l’aggravarsi della procedura d’infrazione aperta nel luglio 2016. Se nel corso dei prossimi due mesi l’Italia non dovesse adeguarsi a quanto richiesto da Bruxelles, rischia il deferimento alla Corte di Giustizia dell’Ue.

Le prescrizioni imposte dall’Unione Europea includevano l’eradicazione delle piante infette subito dopo la prima conferma della presenza della Xylella, ma dopo la comunicazione dei nuovi focolai “la tempistica comunicata dall’Italia è stata inefficace per assicurare l’immediata rimozione degli alberi infetti come richiesto dalla legislazione Ue”.

“La ricerca finora non ha trovato nessuna soluzione migliore all’eradicazione” delle piante infette dalla Xylella per bloccare la sua avanzata, ha affermato una portavoce della Commissione Ue, ricordando che Bruxelles prende continuamente in considerazione i nuovi studi sul batterio killer degli ulivi ed è in contatto con l’Università della California, che studia il problema da oltre 20 anni e che ha confermato che “al momento l’eradicazione resta la miglior soluzione”. La Commissione, ha quindi ricordato la portavoce, “è in contatto con le autorità italiane”, le quali “sanno esattamente cosa devono fare sin dal 2015”.

All’epoca il problema era circoscritto alla provincia di Lecce, ma negli ultimi due anni ha coinvolto anche Brindisi e Taranto. Per questo motivo, Bruxelles ha imposto l’allargamento della ‘zona cuscinetto’, all’interno della quale è necessaria l’eradicazione delle piante ritenute infette. La Regione Puglia ha tentato il salvataggio almeno degli ulivi monumentali, ma la Ue non ne vuole sapere. Lo scorso giugno la Commissione era tornata a bacchettare Roma: “Gli alberi malati finora sono stati rimossi con ritardi significativi – sintetizzava – e questo ha fornito buone opportunità per la diffusione del patogeno”. Anche la rivista scientifica Nature ha recentemente puntato il dito contro le autorità: “Hanno speso meno del previsto e indugiano”.

 

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