Mentre Xi Jinping e Donald Trump si trovano faccia a faccia ad Amburgo per il vertice del G20, a Oriente le due più importanti economie al mondo fanno sfoggio di forza e mostrano i muscoli. L’aviazione statunitense ha confermato che due bombardieri B 1B hanno sorvolato i cieli del Mar cinese meridionale, in un’area che Washington ritiene internazionale, ma che Pechino rivendica sotto la propria sovranità.

Nelle stesse ore altri due velivoli prendevano parte a una esercitazione assieme una coppia di F-15 delle forze di autodifesa giapponesi nel Mar cinese orientale dove Cina e Giappone sono alle prese con le dispute su un gruppo di isole che per i cinesi sono Diaoyu e per i nipponici Senkaku.

L’azione, recita il comunicato diffuso dalla Us Pacific Air Force, intende “dimostrare la solidarietà tra i due Paesi nella difesa contro provocazioni e azioni destabilizzanti sul teatro del Pacifico”. Il riferimento sembra diretto al missile intercontinentale Hwasong-14 testato martedì dal regime nordcoreano che segna un salto di qualità e un’accelerazione nel programma balistico di Pyongyang, ora in grado di colpire l’Alaska. Fino ad oggi si era ritenuto infatti che per raggiungere un tale traguardo sarebbe servito ancora qualche anno. Gli annunci di Kim Jong Un durante il discorso di Capodanno del 2017 si stanno al contrario realizzando.

“Volare e addestrarsi di notte con i nostri alleati è importante per condividere competenze”, continua la nota di Washington. Di tutt’altro avviso la reazione di Pechino, che si è scagliata in particolar modo sui movimenti nel Mar cinese meridionale, vero punto di scontro tra le due potenze, con gli Usa a fare da garanti per tutta una serie di Stati, il Vietnam in particolare, alle prese con le dispute. Per il portavoce del ministero degli Esteri non è ammissibile fare leva sulla libertà di volo e utilizzarla per mettere a repentaglio la sicurezza della Cina. Dal canto loro gli Usa sembrano intenzionati a sfruttare le esercitazioni per ribadire il diritto di navigazione in acque che considera internazionali.

L’episodio è soltanto l’ultimo in ordine di tempo di una serie di scaramucce che danno l’idea della fine della luna di miele tra Xi e Trump, cui gran parte degli osservatori aveva creduto dopo l’incontro tra i due presidenti a Mar-aLago dello scorso aprile. Come rileva Bill Bishop, curatore della newletter Sinocism – uno dei punti di riferimento tra chi si occupa di Cina – il prossimo 16 luglio scadranno i 100 giorni che i due leader si erano dati per trovare un terreno comune sul piano commerciale. Le accuse di concorrenza sleale lanciato verso i cinesi erano stati uno dei temi cardine della campagna presidenziale del magnate, anche se una volta arrivato alla Casa Bianca non aveva mantenuto le promesse più belligeranti, come quella di accusare la Repubblica popolare di manipolare lo yuan per avvantaggiare le proprie aziende. La due giorni di discussioni con il leader comunista nel resort della Florida sembrava aver appianato almeno in parte le divergenze.

Senza una svolta la posizione di Washington in tema potrebbe farsi più rigida e la replica cinese potrebbe concretizzarsi con ritorsioni verso le aziende statunitensi che operano o esportano verso la Repubblica popolare. Intanto altri segnali di tensione si sono registrati sul versante dei diritti umani.

Il Dipartimento di Stato ha declassato la Cina nella lista dei Paesi che danno sostegno o tollerano la tratta di esseri umani e i lavori forzati. Infine, appena cinque giorni fa, nel corso di una esercitazione militare, il cacciatorpediniere Uss Stethem, si è avvinato una piccola isola contesa tra Cina, Taiwan e Vietnam, scatenando l’ira di Pechino per il gesto reputato “provocatorio”.

È in tale clima che l’amministrazione statunitense continua a fare pressioni sulla dirigenza cinese affinché agisca con più risolutezza per fermare Kim Jong Un. Lo ha ribadito la portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert, che peraltro ha respinto l’equiparazione tra il programma nucleare del regime e le esercitazioni congiunte tra Usa e Corea del Sud, che Russia e Cina hanno chiesto di congelare per non esasperare ulteriormente gli animi.

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