Un principio base della comunicazione pubblicitaria è che sia possibile identificarla come tale, cioè distinguerla dai contenuti editoriali. Quando manca questa distinzione, quando la pubblicità si equipara al messaggio editoriale, nella ricerca di un maggiore impatto sul pubblico (diverso è il credito di cui gode un indiretto consiglio di acquisto proveniente da un giornalista o da una star rispetto a quello di uno spot), si parla di pubblicità indiretta o occulta.

È una pratica illegale, osteggiata dai mezzi e dagli inserzionisti: per i primi è un ricavo mancato e dà un’immagine negativa nei confronti degli inserzionisti, per i secondi è una pratica scorretta poiché danneggia in modo fraudolento la concorrenza. Quando negli anni ottanta nacquero le tv commerciali, dopo un periodo di assestamento il sistema si auto-regolamentò sulla spinta anche del mondo della pubblicità, che aveva bisogno che la televisione esprimesse al meglio le potenzialità pubblicitarie così da aumentare i consumi. Gli stessi network assecondarono tali stimoli per incrementare il loro gettito.

Dopo pochi anni il mercato si assestò, prima ancora dell’intervento del legislatore. Nacque l’Auditel, con il precipuo compito di aiutare la pianificazione pubblicitaria, e l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria ha dato un valido contributo alla trasparenza della comunicazione pubblicitaria. Fenomeni di pubblicità occulta vi sono stati in passato (alcuni casi hanno riguardato anche la Rai), ma al momento sono veramente rari (possono riguardare le riprese di avvenimenti sportivi, quando l’inquadratura di marchi è eccessiva rispetto alle esigenze narrative, e le fiction quando i marchi visibili non sono segnalati nei titoli).

Se la televisione è il mezzo di comunicazione che per quarant’anni ha monopolizzato la pubblicità, è grazie anche al fatto che gli operatori del sistema si sono auto-disciplinati per migliorare le performance del mezzo. Ciò non è accaduto per il web: ancora carente come mezzo di comunicazione e come veicolo pubblicitario, pur avendo delle potenzialità enormi (se la velocità di connessione fosse adeguata). I casi di pubblicità occulta, se scomparsi nel grande schermo, sono piuttosto diffusi su internet: e questo è solo un esempio del malfunzionamento.

Un Auditel del web non è ancora all’orizzonte. Nonostante i dati parziali forniti da Audiweb siano un buon inizio, un metodo condiviso che classifichi in modo organico tutte le visualizzazioni e la loro durata, che riesca a eliminare i clic virtuali, che dia risposte univoche a domande sulla visibilità, non solo non è operativo ma c’è da dubitare che lo possa diventare entro tempi brevi. Se in pubblicità non si conoscono nel dettaglio le audience, si rischia di “sparare a salve”. Senza dimenticare che l’affollamento è eccessivo e che la pubblicità è spesso collocata in spazi non coerenti con il marchio.

C’è un altro fattore che frena il sistema, il predominio delle grandi piattaforme internazionali (da Google a Youtube, a Facebook), le quali sono poco disponibili al confronto. La stessa quantificazione del mercato risente di questa situazione, al punto che le società di certificazione hanno difficoltà a dare l’esatta consistenza del fatturato delle Ott. I dati disponibili assegnano comunque al web il 37% di quota del mercato, a soli 12 punti dalla tv.

Un buon mezzo pubblicitario deve essere ancor prima un ottimo mezzo di comunicazione, giacché il pubblico sceglie il secondo. Internet è per molti (circa il 75% della popolazione) la prima scelta per informarsi, divertirsi e dialogare: un classico mezzo di comunicazione, che si finanzia in prevalenza con la pubblicità, nel quale si può trovare di tutto: dalle fake news a approfondimenti seri, a influencer (e blogger) che possono alimentare la pubblicità occulta (oggetto recente di attenzione del legislatore).

Dopo diversi anni, il web è ancora un mercato poco strutturato, con ruoli poco chiari dei diversi protagonisti. La tv  “divenne” mercato sullo stimolo della pubblicità e la concentrazione del mercato agevolò tale processo. Per internet sarebbe utile che i vari operatori si autodisciplinassero almeno sulla pubblicità: sarebbe un primo passo verso un mercato più maturo.

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