Da l’Unità a La Padania, fino a Europa e Liberazione. Storie politiche profondamente diverse, ma con un minimo comune denominatore: si tratta di giornali di partito che nonostante i corposi aiuti pubblici hanno avuto una fine ingloriosa. E non sono i soli. I calcoli li ha fatti l’osservatorio civico Openpolis, che sommando i dati ufficiali forniti dalla Presidenza del Consiglio ha evidenziato come dal 2003 ad oggi lo Stato ha versato oltre 230 milioni di euro nelle casse di 19 testate di partito, l’80% delle quali è fallito. Il caso più clamoroso è proprio quello del giornale fondato nel 1924 da Antonio Gramsci, che non è più in edicola dal 3 giugno. Si tratta del terzo fallimento nella lunga storia dell’ex quotidiano del Partito Comunista. A quest’ultimo danno, però, si è aggiunta anche la beffa di assistere al lancio del primo numero di Democratica, il nuovo quotidiano digitale del Pd, nonché l’organo che di fatto ha preso il posto dell’Unità. Ad andare in fumo non è stato solo un pezzo di storia dell’Italia e del giornalismo italiano, ma anche oltre 60 milioni di euro, ovvero la cifra versata dallo Stato dal 2003 ad oggi. Tanti soldi, che evidentemente non sono bastati. Stesso, identico discorso per la Padania (più di 38 milioni di euro) e per Europa (32 milioni e mezzo di euro), a cui vanno aggiunte altre 16 testate. Quasi tutte chiuse, con appena il 10% ancora attivo in forma cartacea (La Discussione e Zukunft in Südtirol) e solamente un 5% in versione online (Secolo d’Italia).

I contributi ai media di partito – Già nel dossier ‘Sotto il materasso’ Openpolis ha messo in luce che i partiti sono diventati un soggetto residuale del finanziamento pubblico. Perché finiti gli anni in cui ricevevano rimborsi in media superiori ai 124 milioni di euro all’anno (1994-2013), oggi devono ‘accontentarsi’ del 2×1000 (9,6 milioni nel 2014) e delle donazioni dei privati, sostenute con importanti agevolazioni fiscali. Eppure restano numerosi i contributi che arrivano per altre vie al mondo della politica. Da quelli verso i gruppi parlamentari e regionali, fino a quelli destinati ai media di partito. Tra giornali e radio si tratta di 9 milioni di euro all’anno, in molti casi incassati da imprese in via di liquidazione. Basti pensare che nel 2014 i giornali di partito hanno ricevuto 4,2 milioni di euro, risorse che sono andate a quattro soggetti: Europa, la Padania, Secolo d’Italia e l’Unità. Quest’ultima ha ricevuto il contributo più sostanzioso (1,9 milioni di euro), seguita dal quotidiano della Lega Nord (1,2 milioni di euro). Tutte le testate finanziate, tranne il Secolo d’Italia, erano in liquidazione al momento dell’erogazione. Nello stesso anno sono stati pagati circa 925mila euro per le radio di partito.

Il caso Unità – Il 30 giugno il Partito democratico ha presentato la sua nuova attività editoriale. Rigorosamente online. E non sarà un caso, forse, vista la fine che negli ultimi anni hanno fatto testate anche storiche del nostro Paese. “Il primo numero della rivista diretta dal deputato del Andrea Romano – ricorda Openpolis – chiude ufficialmente l’avventura di uno dei giornali storici del panorama italiano, ossia l’Unità”. Che, come tanti altri media di partito, ha usufruito negli anni di soldi pubblici “grazie a una delle tante forme di sostegno all’editoria del governo” per poi chiudere nuovamente lo scorso 3 giugno con tanto di polemiche. Ma quanti soldi hanno ricevuto i giornali di partito negli anni? Dal 2003 al 2015 circa 238 milioni di euro. Finiti, come detto, nella casse di 19 testate. In cima alla classifica proprio l’Unità che dal 2003 al 2015 ha ricevuto 62 milioni di euro. E se si fa un passo indietro, la cifra – dal 1990 a oggi – lievita a più di 152 milioni. Che l’Unità ha incassato prima come testata del Partito comunista (Pci), poi del Partito democratico di sinistra (Pds) e infine dei Democratici di sinistra (Ds). Una media di 6,3 milioni all’anno, che non sono bastati, però, a tenerla in vita.

Gli altri giornali – Al secondo posto della classifica c’è la Padania, con più di 38 milioni di euro. Altro passo indietro: il quotidiano della Lega Nord dal gennaio 1997 al novembre 2014, quando ha chiuso i battenti, ha incassato (per 17 anni) i fondi riservati dalla presidenza del Consiglio agli organi delle forze politiche per oltre 61 milioni di euro: 300mila euro al mese, 10mila al giorno. Con una grande differenza tra i contributi pubblici dei primi anni (3 milioni 900 mila euro del 2008) a quelli degli ultimi (un milione e 300mila del 2013). I bilanci ne hanno risentito e le perdite sono state inevitabili. Al terzo posto della classifica di Openpolis c’è Europa. Erede del quotidiano Il Popolo, è stato fondato nel 2003 come organo di Democrazia e Libertà-La Margherita e ha sospeso le pubblicazioni il primo novembre 2014. Quasi in contemporanea con la Padania. Ebbene, al giornale diretto prima dall’attuale vicesegretario generale della presidenza del Consiglio Nino Rizzo Nervo e poi da Stefano Menichini (capo ufficio stampa alla Camera dei deputati) sono andati 32 milioni e mezzo di euro.

Al quarto posto Liberazione, organo di stampa ufficiale del Partito della Rifondazione Comunista, con quasi 32 milioni. Anche questo chiuso inesorabilmente il 19 marzo 2014. Segue il Secolo d’Italia con 28 milioni. È stato quotidiano di partito prima del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, poi di Alleanza Nazionale e, infine, una delle testate del Popolo della Libertà. E la testata è ancora attiva online, diretta dall’ex deputato di Alleanza Nazionale e di Futuro e Libertà per l’Italia Italo Bocchino. Poi ci sono Notizie Verdi (poi Terra) organo ufficiale della Federazione dei Verdi con quasi 14 milioni, Cronache Di Liberal (organo dell’Unione di Centro chiuso nel marzo 2013) con 10 milioni, la Discussione di ispirazione democristiana, fondata da Alcide De Gasperi con quasi 8 milioni, Zukunft in Südtirol, organo della Südtiroler Volkspartei (questi ultimi due ancora attivi in forma cartacea) con oltre 6milioni e il settimanale Rinascita della sinistra, organo del Partito dei Comunisti italiani, con quasi 6 milioni.

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