Il contingente italiano in missione in Kosovo ha bevuto, almeno fino al 2016, acqua cancerogena. Almeno questo ha riferito il medico militare Ennio Lettieri durante l’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito. La denuncia del tenente colonnello non lascia spazio a dubbi: “L’acqua analizzata nel 2015 e presente fino al 2016 conteneva bromato, cancerogeno di classe 2B, in quantità di 65/97 microgrammi-litro”, a fronte di un limite tollerato di 10. La classe all’interno della quale rientra il bromato “riunisce i carcinogeni possibili, per un totale di 285 sostanze”, si legge sul sito dell’Airc.

“Al mio arrivo alla base” di Film City a Pristina, “il 14 ottobre 2016, mi fu più volte riferito del sapore molto discutibile dell’acqua naturale e frizzante in distribuzione presso la mensa internazionale e nella palestra, nonché venduta in ristoranti e pizzerie di tutta la base”, ha raccontato il medico che è poi riuscito a procurarsi le analisi fatte sull’acqua il 30 gennaio 2015 che riportavano “la presenza di bromato”.

Il tenente colonnello ha parlato della situazione con il comandante della missione Kfor, generale Giovanni Fungo, “che concordò immediatamente sulla necessità di interrompere la distribuzione e la vendita di tale acqua”. L’acqua Dea naturale è stata in effetti ritirata, ma non la frizzante che risulta ancora oggi in distribuzione presso la base di Film City. “Tra gli effetti del bromato – ha proseguito il medico – si fa riferimento all’insufficienza renale e forse sarà una coincidenza – sottolinea – ma durante il mio periodo di permanenza nella base di Pristina abbiamo avuto il caso di un maresciallo, credo dei carabinieri, con insufficienza renale acuta, tra l’altro in un paziente con trapianto che non doveva nemmeno essere presente in teatro”.

Il coordinatore dell’Osservatorio militare, Domenico Leggiero, ha commentato dicendo che “la denuncia fatta questa mattina è gravissima”. Per l’Osservatorio “si mettono così in discussione non solo le forniture alimentari, tra cui l’acqua, all’interno delle basi militari, ma si conferma quanto si era intuito: che non ci sono i documenti di valutazioni dei rischi in alcune nostre basi all’estero. E questo non consente né di curare, né di prevenire le malattie”.

Ma i possibili rischi per la salute non si limitano all’acqua. Infatti, ha fatto sapere Lettieri, “a 7 km da Pristina è situata la compagnia elettrica Kek, le cui ciminiere sono ben visibili dalla base di Film City ed emettono nuvole giallognole che rendono soprattutto nelle ore serale l’aria malsana ed irritante per le vie respiratorie. La polvere che fuoriesce dall’impianto – ha rilevato – è un composto di piombo, fenolo (altamente cancerogeno) ed altre sostanze chimiche, che si deposita a diversi km di distanza anche nella base di Pristina, sede del comando Kfor e nella base dei nostri Carabinieri che è più vicina a Kek. Quindi o per inalazione e per ingestione queste particelle possono introdursi nell’organismo e provocare anche a distanza di 10 anni patologie tumorali”. Il tenente colonnello ha chiesto quindi di sottoporre a sorveglianza sanitaria mirata il personale italiano al rientro in Patria. “La risposta – ha spiegato – fu che avrebbero mandato una squadra per verificare quanto da me riportato promuovendo l’inserimento dei militari ad un monitoraggio più approfondito al rientro, ma non ho mai avuto nessun riscontro in merito”.

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