“Molti giovani in Italia sono rassegnati all’idea di doversi accontentare, il che non fa altro che peggiorare la situazione. I giovani devono pretendere di più da un paese che potrebbe dare loro molto, molto di più”. Elga Laura Strafella parla dei suoi coetanei da un piccolo appartamento di Kyoto. Lei, che ha messo piede in Giappone per la prima volta ormai dieci anni fa, non sopporta di essere chiamata “cervello in fuga”. Chi cerca di realizzarsi lontana da casa “non sta fuggendo ma sta partendo in cerca di opportunità; quelle che l’Italia, al momento, non offre”. In Giappone, Elga insegna lingua e cultura italiana in giapponese all’università Ritsumeikan di Kyoto. “Non sarei riuscita a fare la stessa carriera in Italia e non perché abbia scelto di non provarci, ma perché non ho visto, e non vedo, alternative per me in Italia”.

“Chi parte non sta fuggendo, ma va in cerca di opportunità; quelle che l’Italia, al momento, non offre”

Dopo una laurea specialistica all’Orientale di Napoli in linguistica dell’Asia e dell’Africa e un dottorato in linguistica giapponese, “una parte di me sperava di poter trovare un piccolo spiraglio in un’università italiana in cui insegnare giapponese”. E, invece, Elga è stata costretta a mettere in valigia il suo 110 e lode non riuscendo a sostenere le continue “porte in faccia” del mondo universitario. In parte, le difficoltà che ha incontrato nell’inserirsi nell’ambiente accademico derivavano dal suo specifico campo di ricerca, “ancora poco sviluppato in Italia”. Ma il vero ostacolo è venuto a galla quando si è messa a fare i conti tra entrate e spese da sostenere, avendo tra le mani un dottorato senza borsa di studio. “Avrei dovuto cercare un lavoro di ripiego per pagarmi le tasse, gli spostamenti tra le varie sedi universitarie e l’eventuale affitto di una camera. A quel punto non mi sarebbe rimasto molto tempo da dedicare alla ricerca”. Così, la 34enne di Massafra, in provincia di Taranto, ha fatto domanda per una borsa di studio biennale del governo giapponese, e nel 2010 si è trovata come host researcher presso il Nara Institute of Science and Technology (NAIST). Un primo passo che le ha permesso di iniziare a costruirsi una vita nel Paese del Sol Levante.

I miei genitori ci hanno trasmesso la voglia di lavorare, il che mi fa sentire molto fortunata

Padre operaio, madre casalinga in inverno e bracciante agricola d’estate e tre fratelli. “Una casa in affitto e nessuna vincita al SuperEnalotto. I miei genitori ci hanno trasmesso la voglia di lavorare, il che mi fa sentire molto fortunata”. Eppure, mentre racconta della nostalgia per la leggerezza degli italiani, le chiacchierata in attesa dell’autobus o la spesa dal negoziante di fiducia, non può non pensare alle possibilità che, nel suo Paese, sono precluse a tanti. “In Italia chi parte da una condizione meno avvantaggiata non ha molte strade davanti a sé: dopo l’università le opzioni sono master a pagamento, per chi se li può permettere, o stage non pagati”. Tanto che, secondo la 34enne pugliese, è una “triste rassegnazione” quella che vede dipinta sempre di più sui volti dei giovani italiani durante i suoi rientri a casa. Rassegnazione mista a “quello spirito prettamente italiano dell’arrangiarsi e del vivere giorno per giorno” che fa sì che si accetti il malessere come uno stato di fatto. Le parole poi si fanno meno dense. “Ad essere sincera, a volte mi sento in colpa, perché vorrei poter fare qualcosa per il mio paese che, da lontano, vedo soffrire. Ma non mi sento costretta a restare in Italia solo perché ci sono nata, né credo di dovermi accontentare di ciò che il nostro paese offre o finge di offrire”.

Non mi sento costretta a restare in Italia solo perché ci sono nata, né credo di dovermi accontentare di ciò che il nostro paese offre o finge di offrire

Perché partire, vivere a ben più di dieci di ore di volo da famiglia e amici, “non è una passeggiata per nessuno”. E per quanto i tuoi amici giapponesi possano dirti di stare diventando “più giapponese” di loro, per quanto l’educazione della cultura orientale ti stia pervadendo, “né i tratti somatici né la voglia di mangiare una buona pizza napoletana sono cambiati”. E così, Elga si obbliga a impegnarsi 7 giorni su 7, anche per non farsi prendere dalla nostalgia di casa. Poi, si scrolla di dosso la malinconia guardando fuori dal suo appartamento le pagode di Kyoto. “Amo i cambiamenti e non credo di aver bisogno di sentirmi sistemata a vita. Mi basterebbe sapere di avere una possibilità anche in Italia. Una possibilità che si dovrebbe offrire a tutti i giovani che vorrebbero crearsi un presente, e magari anche un futuro, nel proprio Paese”.

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