Lo confesso: per molti anni, a cavallo tra i 60 e i 70 del secolo scorso, sono stato un organizzatore, animatore, presentatore di cineforum. I cineforum, cattolici, comunisti, non erano affatto quella cosa noiosa, saccente, moralistica che oggi molti raccontano, erano una realtà vivace, piena di energia, di dialettica. Invece è vero che in quasi tutti i cineforum, di sicuro in quelli che organizzavo, era prevista La corazzata Potemkin. Un po’ perché era un film politico e in quegli anni dalla politica, intesa come conflitto di idee, non si poteva prescindere, un po’, anzi molto, perché nella graduatoria, che ogni decennio un’importante rivista inglese di cinema compila sui migliori film della storia, la Corazzata era al primo posto.

Perché vi racconto queste cose? Ovvio, perché con la morte di Paolo Villaggio, accanto ai moltissimi elogi per le sue straordinarie invenzioni tele-cine-letterarie, c’è stata qualche piccola malcelata riserva riguardo alla celebre uscita fantozziana che definiva il film di Eisenstein “una cagata” poi epurata in “boiata pazzesca”, riscuotendo un applauso di 92 minuti. E’ vero che , come molti hanno sottolineato, il bersaglio di Villaggio non era il film in sé, neppure il cineforum e neppure la passione per il cinema classico. Il vero bersaglio era la vita aziendale con le sue attività ricreative e culturali, l’esibizionismo di un dirigente sedicente cinefilo tronfio e presuntuoso, la compiacenza succube dei dipendenti. Ma, riconosciuto questo, non ci si può nascondere che nella realtà dei fatti l’accusa fantozziana ha colpito il film che nella vulgata corrente e diffusissima è diventato ciò che non è affatto: l’antonomasia di un film lunghissimo mentre non dura neppure un’ora, noioso mentre è assolutamente emozionante, piatto mentre è spumeggiante, ricchissimo di invenzioni figurative di tipo costruttivista.

Un caso di falsificazione storica clamorosa che chiunque può verificare: provate a chiedere a caso quanto dura la Potemkin e tutti vi diranno tre ore; se oserete ribattere che non è così vi diranno che dichiarate il falso, che Fantozzi ha rivelato la verità. Di più: la provocazione di Fantozzi è diventata una sorta di manifesto contro la cultura cinematografica, contro il cinema impegnato, contro una visione del cinema che non sia di puro intrattenimento. Forse, anzi certo al di là delle intenzioni di Villaggio, ma è successo. Purtroppo quello che doveva essere un atto di trasgressione si è trasformato in un luogo comune, in una manifestazione di conformismo.

C’è un particolare che conferma questa tesi: nel film Il secondo tragico Fantozzi, gli impiegati della megaditta non solo erano costretti alla noia del cineforum, proiezione più dibattito, ma rinunciavano in quell’occasione alla partita di calcio Italia-Inghilterra valevole per le qualificazioni ai mondiali. Ecco che un luogo comune tira l’altro e arriva anche quello che vuole gli amanti del cinema serio snobisticamente indifferenti al calcio e viceversa gli incolti amanti del calcio indifferenti al cinema di qualità. Non c’è bisogno di scomodare Pasolini per sfatare questa storiella nata chissà quando e portata stancamente avanti per troppo tempo.

Ma si sa, non c’ è nulla di più resistente del luoghi comuni. E i danni che producono sono notevoli; non solo quando colpiscono i migranti, anche quando circondano di un’aura negativa un film e ciò che rappresenta. Per cui credetemi: appena avete un po’ di tempo, date un’occhiata a La corazzata Potemkin, non è affatto una “cagata” e comunque non avrete tempo di annoiarvi, dura poco.

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