Il più importante momento di accreditamento internazionale del M5S quale possibile forza di governo, è andato in scena a Montecitorio con il convegno “The Italian Public Debt in the Eurozone“. Per i pentastellati l’occasione di circondarsi di importanti esponenti dell’economia e della finanza europea. Sul tavolo il ‘dopo quantitative easing‘ di Mario Draghi e della BCE, e la prospettiva, per chiunque andrà al governo, di cimentarsi con la gestione del debito pubblico italiano, la cui dimensione vincolerà le scelte di politica economica e fiscale. Secondo Jochen Andritzky che guida lo staff di consiglieri economici del governo tedesco presieduto da Angela Merkel, non manca molto alla fine del Q.E.. “La BCE normalizzerà la politica monetaria nel prossimo futuro e necessariamente i tassi d’interesse cresceranno rispetto al basso livello attuale. Per l’Italia questo significa un aumento del costo del suo debito”. Sulla sostenibilità di questi costi, Wolfgang Münchau, prestigiosa firma del Financial Times, sottolinea che “se inflazione nell’area Euro non arriverà al 2%, ma solo all’1% e la crescita reale dell’Italia rimarrà sotto quota 1, la sostenibilità del debito richiederà un aggiustamento fiscale molto significativo e un surplus primario per un lungo periodo di tempo. Non credo si tratti di una prospettiva politicamente sostenibile perché non parliamo di un governo, ma di una generazione”.

In questo contesto il ‘reddito di cittadinanza‘ ed il referendum sull’uscita dall’Euro che impatto avrebbero? Münchau salva la proposta del ‘reddito’: “una buona idea” a patto che – specifica – questa misura venga finanziata attraverso una tassa sul patrimonio, che ‘copra’ i 17 miliardi di Euro necessari, come un’imposta sulla casa, visto che l’Italia è un Paese molto ricco dal punto di vista del risparmio privato. Ipotesi che però viene subito scartata dal M5s, che con Laura Castelli esclude categoricamente”nuove tasse a carico degli italiani per finanziare il nostro reddito di cittadinanza”. Reddito che invece viene bocciato da Heiner Flassbeck, ex viceministro delle finanza tedesco e docente all’università di Amburgo, che considera la misura “un fenomeno divertente di cui adesso tutti discutono. Ma non è la soluzione. Quello che serve agli italiani sono salari più alti, ordinari aumenti di salario in base alla produttività, e una produttività più alta attraverso gli investimenti stimolati dallo Stato. Questa è l’unica via d’uscita, il reddito di cittadinanza è un’idea simpatica, ma non è sostenibile”.

Durante il convegno è arrivato anche l’annuncio alla stampa di Davide Casaleggio e Luigi Di Maio: “Rimettere in discussione il ‘Fiscal Compact‘ che l’Italia ratificherà a novembre”. Proposta che vede piuttosto scettico Andritzky, che invece auspica vincoli più restrittivi: Le regole fiscali servono ad aumentare la credibilità all’interno dell’area Euro: spero che il ‘Fiscal Compact’ sia applicato e che venga preso più seriamente. Ma siamo ben consapevoli che la Commissione Europea non ha strumenti molto efficaci per sanzionare le violazioni. Ma la questione andrà affrontata perché altrimenti ci penseranno i mercati a sanzionare chi viola i trattati”. Ma lo spettro della reazione dei mercati riguarda anche un’altra questione cara al M5s: il referendum sull’uscita dall’Euro. “Proporre l’uscita dall’Euro o un referendum sull’argomento? Bisogna essere consapevoli che il vostro Paese non affronta una cosa del genere dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. E’ un cambiamento enorme – spiega il giornalista Münchau – lasciare un’area monetaria è importante. Non dico che sia sbagliato: può essere giusto se viene deciso democraticamente, ma è una grande questione e quindi il Paese dovrebbe essere preparato”, perché “ci sono voluti anni per prepararci all’Euro negli anni ’90 – dunque non si può solo annunciare che si farà un referendum, perché nello stesso momento in cui si annuncia i mercati finanziari collasseranno e la gente andrà nel panico”. Come si gestisce questo panico? Se i 5 Stelle fanno sul serio, dovrebbero essere preparati. Io credo che se non cambiano idea sul referendum e saranno eletti – al governo del Paese – ci sarà una reazione dei mercati finanziari piuttosto forte già al momento dell’elezione e allora cambieranno idea, se non lo faranno dovranno affrontarla e questo sarà un passo a dir poco significativo”, conclude Münchau. Per Flassbeck il referendum sulla moneta unica potrebbe rappresentare più che altro un’arma strategica: “Se si ritiene che l’unica opzione sia uscire dall’Eurozona, serve una strategia chiara e i migliori esperti del mondo che ti consigliano perché può essere molto difficile e molto dolorosa, se si fanno scelte di politica economica sbagliate. Ma può essere un’opzione e soprattutto potrebbe servire per dire alla Germania: ‘se non cambi, possiamo scegliere di andarcene’. Certo – ammette Flassbeck – non è molto semplice, ma se per esempio Francia e Italia minacciassero seriamente la Germania dicendo “Se non cambi ce ne andiamo”, i tedeschi cambierebbero immediatamente perché non temono niente di più che perdere il proprio mercato. Le imprese tedesche andrebbero subito dalla Merkel e le direbbero “Cambia, perché vogliamo mantenere l’euro e il mercato europeo”.

A moderare e presentare le varie posizioni in campo è stato Marcello Minenna, tra l’altro docente alla Bocconi e già assessore al Bilancio nella giunta Raggi, che i rumors vogliono come probabile ministro dell’Economia nel governo M5S. Lui smentisce: “Quello sarebbe un incarico politico, mentre io ho sempre amato fare il tecnico, offrire considerazioni e punti di vista oggettivi, basati sui dati, difficilmente controvertibili, che poi spero vengano usati per discutere un futuro migliore”, afferma  sorridendo

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