Quando racconta del suo lavoro, Mattia Paco Rizzi, classe 1983, tradisce ancora una nota d’incredulità. La mente corre ai titoli d’apertura dei quotidiani peninsulari, che quasi quotidianamente citano i dati Istat e parlano di disoccupazione, di inoccupazione, della sconfitta di una repubblica democratica fondata sul lavoro che però lascia con le mani in mano le ultime generazioni. Rizzi, invece, il suo sogno l’ha realizzato. E’ un architetto affermato, anzi, un architetto – artista – artigiano, fa parte di un celebre collettivo internazionale, EXYZT, assieme al quale ha lavorato un po’ in tutto il mondo, e quando guarda al suo presente lo fa col sorriso sulle labbra. “Ma la verità – racconta – è che se non avessi lasciato l’Italia non ce l’avrei mai fatta”. E’ a Parigi, infatti, che Mattia – nato a Mentone, sulla linea di confine tra l’Italia e la Francia, e cresciuto in Valle Argentina – ha trovato la sua strada. Stretta tra le mani la pergamena di laurea in Architettura, salire su un aereo diretto verso la Francia è una delle prime cose che ha fatto.

L’Italia incline agli affari sottobanco. Il problema, però, è che la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri

“In Italia è difficile persino trovare un lavoro ordinario, figuriamoci sviluppare un percorso che preveda una ricerca artistico-architettonica come quello che volevo fare io. All’inizio pensavo fosse un problema più o meno recente, sviluppatosi negli ultimi anni e legato alla crisi economica. Ma riflettendo meglio mi sono reso conto che ciò che il paese sta vivendo viene da ciò che siamo: questa situazione è legata all’attitudine storica dell’Italia. Siamo intimamente ostili alle regole, inclini agli escamotages, agli affari sottobanco. Il problema, però, è che la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri. E se gli altri ne pretendono troppa, allora non ne resta più alcuna per la collettività”.

E non è che Oltralpe ci siano i cancelli d’accesso al paradiso perduto. Anzi. “All’inizio non è stato semplice vivere all’estero. Ma quello che ho trovato, in mezzo alle difficoltà, ciò che sentivo mancare in Italia, sono le strade da percorrere. Le possibilità. In Italia avevo l’impressione di nuotare sempre contro corrente, mentre la Francia mi ha accolto a braccia aperte. Appena qualche mese dopo il mio arrivo a Parigi, ad esempio, senza conoscere nessuno sono riuscito a organizzare un evento legato all’architettura del quale hanno parlato i principali media nazionali. Poi sono entrato a far parte del collettivo EXYZY. Con loro ho avuto la fortuna di realizzare progetti incredibili in giro per il mondo, e adesso mi occupo di ciò che amo: microarchitettura e socialdesign”.

Se solo sei anni fa mi avessero detto che un giorno avrei fatto questo lavoro non ci avrei mai creduto

Recentemente Mattia ha realizzato un progetto d’installazione architettonico-artistico di quelli d’avanguardia: una gigantesca scultura in legno che funge da supporto per la coltivazione di luppolo in ambito urbano, finalizzato alla produzione di birra artigianale. Il tutto sulla cima di un palazzo alto decine di piani situato nel centro storico di Parigi. “Se solo sei anni fa mi avessero detto che un giorno avrei fatto questo lavoro non ci avrei mai creduto. Ma sapete qual è il vero paradosso? – sorride Mattia – Ultimamente mi capita sempre più spesso di realizzare progetti in Italia, e ovviamente è solo grazie all’esperienza che ho fatto all’estero”. L’anno scorso è stato invitato alla Biennale di Architettura di Venezia, al Padiglione Italia, assieme al suo studio, GRRIZ, fondato con l’architetto Luigi Greco, e attualmente sta portando avanti un laboratorio presso la Fondazione Pistoletto. “E’ un’esperienza bellissima, lavoro assieme ai giovani di Biella e ai richiedenti asilo. Per me è un onore essere qui, ma so perfettamente che se non fossi partito non sarei mai potuto arrivare a fare tutto questo”.

Tornare, quindi, ogni volta ha un sapore dolceamaro. “Mi manca la mia terra, mi mancano le piazze e i mercati, il sole, la mia famiglia e i miei vecchi amici, le mie valli argentate di oliveti. Poi però penso all’altro volto dell’Italia, al clientelismo, all’inefficienza dello Stato, alla timidezza intellettuale della nostra classe politica”. Forse un giorno Mattia comprerà un biglietto di ritorno. “Sarebbe stupendo poter condividere tutto quello che ho potuto sperimentare all’estero. Vedremo. L’importante è partire sempre senza rimpianti. Avere l’ambizione e il coraggio di realizzare i propri sogni. E non dimenticare che non è perché le cose sono difficili che scegliamo di non osare. E’ perché non osiamo che sono difficili”.

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Insegnante in Giappone. “Soffro per l’Italia, ma non potevo accontentarmi di rimanere”

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