Ha fatto notizia un recente post di Mark Zuckerberg su Facebook, dal titolo Bringing the world closer together dove il visionario californiano invita le persone ad essere parte attiva del cambiamento partendo dalle communities. Forse con un po’ di cinismo dobbiamo leggere anche l’imprenditore Zuck in quel post. Facebook ha bisogno costantemente di utenti “attivi” e su questo fronte da qualche anno il colosso americano ha dei problemi.

Su oltre due miliardi di users, solo 130 milioni fanno parte di gruppi Facebook, spingere verso le communities vuol dire anche attingere a un bacino di utenza attiva interessante. Social street utilizza i gruppi chiusi Facebook da ormai quattro anni con la mission che si propone Zuckerberg, avvicinare le persone, i vicini di casa nel nostro caso. A distanza di quattro anni, personalmente sono ancora convinto che rimanere sulla piattaforma Facebook per Social street sia stata la decisione giusta.

Ci hanno offerto molte piattaforme alternative, che avrebbero potuto rendere l’esperienza online più confortevole, quando invece la vera sfida del nostro progetto è rendere confortevole l’esperienza offline, quella in strada dove realmente si vive, dove la community diventa reale. I gruppi Facebook hanno certamente dei limiti nella gestione quotidiana ma è perfettamente funzionale all’obiettivo che si è prefisso Social street: connettere i vicini di casa, farli socializzare e creare rapporti di fiducia.

Una delle critiche che riceviamo più spesso riguarda la visibilità dei post nei gruppi Facebook. Spesso vengono ripetute le stesse domande dai vicini di casa e magari a quella domanda era già stata data una risposta ma il post è scivolato in fondo. Questo non è un limite, è una risorsa per Social street.

“Qual è il medico migliore in zona? Conoscete un idraulico di fiducia?” Sono alcune delle domande che abitualmente ritornano ed è importante che a quelle domande rispondano sempre nuovi vicini perché l’obiettivo di social street non è tanto fornire un “servizio” quanto quello di avvicinare le persone, fare in modo che quella persona che ti ha consigliato il medico ieri sera su Facebook, lo riconosci domani in strada grazie all’iconcina e puoi ringraziarlo di persona.

Una delle domande più frequenti che la stampa ci rivolge è come coinvolgere le persone che non usano Facebook. La domanda è sempre maliziosa, perché in questo si vuole vedere un limite per Social street quando in realtà non lo è. Ricordo sempre che il primo gruppo Facebook Social street, quello di Via Fondazza, non è stato pubblicizzato utilizzando campagne ad geolocalizzate, ma semplicemente scendendo in strada, attaccando i volantini e parlando con le persone. Facebook era e rimane solo uno strumento: importante, ma pur sempre uno strumento, per creare community.

E’ vero che molte Social street fra i tanti progetti, hanno avviato programmi di digitalizzazione dei vicini di casa (vedere le foto allegate) anch’io conosco persone che non avevano Facebook e hanno aperto un account per far parte di Social street. Quindi confermo che per Zuckerberg può essere un bacino di utenza molto interessante. I propositi sono più che nobili: Facebook renderà più facile la vita degli amministratori dei gruppi con tante modifiche, ma basterà questo per invogliare le persone ad impegnarsi attivamente nella creazione di communities che richiede tantissimo impegno ed energia?

Creare gruppi Facebook è molto semplice, portarli avanti e saperli gestire è tutta un’altra storia come possono testimoniare gli oltre 450 admin dei gruppi Facebook di Social street ma chi c’è riuscito, nel proprio piccolo, può confermare quello che Zuck ha scritto nella sua lettera “Communities give us that sense that we are part of something bigger than ourselves, that we are not alone, that we have something better ahead to work for”.

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