Lo scontro tra Tim e Governo sulla banda larga si arricchisce di un nuovo capitolo. E non sono carezze quelle che si scambiano l’amministratore delegato Flavio Cattaneo e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Il terreno di scontro è sempre lo stesso, l’investimento nelle aree bianche, come vengono definite in gergo quelle “a fallimento di mercato”, dove gli operatori non hanno convenienza a investire. Sono i toni a cambiare.

L’occasione è servita dall’audizione davanti alla commissione Trasporti della Camera dell’ad dell’ex monopolista di Stato nel settore delle telecomunicazioni. Testuale: “Non partecipiamo più ai bandi perché riteniamo che siano costruiti in una certa maniera, se sono costruiti ad hoc penso che ognuno faccia il suo e per me possono pure darla senza bando a chi ritengono più opportuno”. Senza lasciare molto spazio alle interpretazioni, l’ex dg della Rai fornisce di fatto una spiegazione al ricorso contro i bandi stesi da Infratel e vinti da Open Fiber, la società costruita ad hoc da Enel e Cassa Depositi e Prestiti, molto cara a Matteo Renzi.

La risposta di Calenda non è stata esattamente conciliante, dopo che proprio il ministro si era speso per ricucire lo strappo con il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti che aveva minacciato di chiedere i danni all’azienda se fosse passata dagli annunci ai fatti.

Il titolare del Mise ha definito le affermazioni di Cattaneo “gravi ed inaccettabili tanto più in quanto rese in sede istituzionale”. Poi ha spiegato: “I bandi Infratel, a cui peraltro Tim ha partecipato insieme ad altri operatori, sono stati strutturati nel pieno rispetto delle regole nazionali ed europee. Sono certo che la società tornerà immediatamente ad utilizzare, nei rapporti con il governo, un linguaggio consono”.

Dopo la replica del ministro, Tim ha lasciato filtrare una lettura meno letterale delle dichiarazioni rese da Cattaneo alla Camera. Le qualifiche richieste dai bandi Infratel non erano in linea “con la tecnologia Fiber-to-the-cabinet prevalentemente utilizzata da Tim quanto piuttosto, avendo introdotto requisiti in termini di upload, con quella Fiber-to-the-home“. E nemmeno “con le caratteristiche di Tim quale operatore integrato, circostanza che l’ha costretta a partecipare al primo bando attraverso una joint venture con quota minoritaria”, specificano ambienti della società. Per questo Tim ha deciso di non partecipare ai prossimi bandi.

Cattaneo aveva anche difeso la decisione di investire in alcune delle aree bianche oggetto dei bandi Infratel, facendo di fatto ‘concorrenza’ a Open Fiber in zone a scarsa redditività: “Abbiamo cambiato idea rapidamente? No, le aziende fanno i piani, ma il mercato cambia. Se uno produceva pane comune e oggi lo vogliono all’olio dovrà produrlo all’olio seguendo i gusti del mercato – ha spiegato l’ad di Tim – Qui sono cambiate le posizioni e il mercato si è ampliato, si è alzato in alcune aree bianche e appena è successo lo abbiamo comunicato, lo dice lo stesso bando Infratel: un quinto dell’ammontare complessivo dimensionale dell’appalto può essere ridotto proprio perché contempla la modifica delle condizioni”.

“Non può essere limitata l’iniziativa privata e non possiamo accettare da nessun governo – ha concluso Cattaneo – perché sarebbe dirigista e non degno di uno stato di democrazia, che ci si imponga o si minacci con provvedimenti di non so quale tipo, di non soddisfare i nostri clienti con il miglioramento nostra infrastruttura privata”.

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