Un anno fa aveva minacciato il suicidio suo fratello. Lunedì mattina è stata una donna di Montebelluna a minacciare di iniettarsi in vena l’insulina contenuta in una siringa. “Abbiamo perso tutti i nostri soldi, due milioni di euro che sono serviti a costruire la grandezza di questa banca, e ora non ci è rimasto più nulla” ha detto al direttore della filiale, al primo piano della sede storica di Veneto Banca, nella piazza centrale della ricca cittadina trevigiana. Il giorno dopo l’approvazione del decreto sulla liquidazione delle popolari venete e la vendita degli attivi a Intesa Sanpaolo, nonostante l’azzeramento degli azionisti fosse ormai noto da tempo, si sono vissute ore drammatiche a Montebelluna.

La donna è entrata nell’ufficio del direttore. Subito lo ha affrontato, rappresentandogli la gravità della situazione di famiglia, la perdita di tutti i risparmi. Ad un certo momento ha estratto una siringa, spiegando che si sarebbe iniettata l’insulina per farla finita. È scattato l’allarme. Sono intervenuti i carabinieri diretti dal maggiore Sabatino Piscitello. È stato chiamato anche il sindaco Marzio Favero. Il direttore è stato fatto uscire dalla stanza, nel frattempo era arrivato anche il fratello. Situazione molto tesa, anche se nessuno è stato minacciato. Un lungo sfogo da parte dei due fratelli, che in qualche modo rappresentano la rabbia e il disappunto di decine di migliaia di risparmiatori.

Nella sede della banca dopo circa un’ora è arrivato anche un mediatore della Questura, un poliziotto specializzato nella soluzione di casi di sequestri estemporanei o clamorose proteste. I due fratelli hanno ricostruito la loro storia finanziaria, hanno chiesto garanzie di poter riottenere almeno qualcosa del capitale investito e andato in fumo. Ovviamente nessuno ha potuto dar loro assicurazioni del genere. Dopo tre ore, per risolvere una situazione che rischiava di prolungarsi, sono intervenuti i carabinieri. Con un blitz rapido e indolore sono riusciti a togliere la siringa dalle mani della donna, che nel frattempo si era iniettata qualche goccia del liquido in un braccio. Per questo, e in via del tutto precauzionale, è stata ricoverata all’ospedale di Montebelluna.

Il fratello si era reso protagonista un anno fa di una protesta analoga. “Avevamo obbligazioni che poi erano state girate in azioni. Ora non abbiamo più nulla, neppure un euro”, aveva detto all’epoca, spiegando di aver lasciato, qualche anno prima, il lavoro di consulente farmaceutico per accudire alla madre malata.

“Non dimentichiamoci che queste persone non erano investitori, ma soci che con i loro soldi hanno consentito a Veneto Banca di crescere. – spiega il sindaco Favero – Soffrono ancora di più e nel nostro territorio ci sono tantissime altre persone nelle loro condizioni. Ma non arrivano a esprimersi con gesti così eclatanti”. Perché proprio dopo il decreto, anche se sapevano da tempo che le azioni non valevano più niente? “Perché il decreto toglie loro le speranze, mentre vedono che i correntisti o i titolari di certi tipi di obbligazioni si salvano. Mi sento di fare una richiesta: si parla tanto di ‘bad bank’, di recupero di crediti incagliati o di sofferenze, ma bisogna pensare che qualcosa va fatto anche per indennizzare i soci”.

Anche Paolo Fiorio del Movimento Consumatori sostiene questa posizione: “Il decreto non contempla misure di sostegno o tutela per gli azionisti incolpevoli. È una esclusione ingiusta, irragionevole e incostituzionale”.

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