“Il contropeso estivo alla prima della Scala”. James Bradburne, direttore generale della Pinacoteca di Brera, lo aveva annunciato agli inizi di giugno. “Il Ballo di Brera”, nel cortile della struttura museale, sarebbe stato tutt’altro che un esperimento, ma il numero zero di un evento che diventerà tradizionale.

E così il 21 giugno è andato in scena il ballo che il direttore vorrebbe trasformare nell’evento mondano di punta delle estati milanesi. I mille ospiti, abilmente selezionati, hanno invaso il cortile della Pinacoteca. Per questa occasione nessun biglietto ingresso. Di questo se ne parlerà il prossimo anno. Il programma della serata, straordinario per certi versi. La collaborazione tra la Pinacoteca di Brera e la rivista “Gioia” ha funzionato, sotto questo aspetto. In apertura 50 ballerini del corpo di ballo DanceHaus si sono esibiti sulle note del film pluripremiato agli Oscar La La Land. Al termine della performance, tutti a ballare sulla musica di un djset per festeggiare il solstizio d’estate. C’erano personaggi del mondo della moda e dello spettacolo, dalla stilista Raffaella Curiel, alle attrici Giulia Bevilacqua e Isabella Ragonese. Non potevano mancare le figure istituzionali. Le loro foto e quelle di un Bradburne entusiasta hanno immortalato l’evento.

Bradburne e Philippe Daverio ne avevano parlato tempo fa. Serviva un’occasione per rilanciare il ruolo di Brera nella città di Milano. Ed ecco dunque l’idea del ballo. Un’idea della quale non dubitare. Ma questa certezza, vacilla a ben guardare. Il direttore, uno dei venti manager nominati dal ministro Franceschini nell’agosto 2015, aveva assicurato che a Brera ci sarebbe stata la rivoluzione. E così è stato, finora. Senz’altro per quel che riguarda la commercializzazione di alcuni suoi spazi. La Pinacoteca, anzi Bradburne, ha deciso di aprire le porte anche a eventi mondani, sfilate di moda in primis. Ben inteso, non è che prima non accadesse, ma la frequenza con la quale il direttore ha deciso che si verifichi è senz’altro maggiore rispetto al passato.

La circostanza può non essere condivisibile, per diverse ragioni, ma almeno ha portato introiti. Si trattava di affitti di spazi e come tali hanno prodotto degli utili (anche se sostengono i più critici, inferiori alle perdite). Non è questo il caso. Per il ballo di Brera non si è trattato di un affitto, dal momento che è la stessa Pinacoteca ad averlo organizzato. Anzi, per essere più precisi è stato James Badburne a deciderne la realizzazione. Insomma, sembra che il direttore si comporti come se la la Pinacoteca fosse di sua proprietà. Il suo Palazzo, da aprire per le feste.

Che il ballo sia il tentativo di far dimenticare i danni causati ad alcune tele esposte da problemi al sistema microclimatico esistente nelle sale? Problemi peraltro noti anche nei mesi precedenti, senza che si provvedesse in alcun modo a sanare le criticità. Che l’ultimo evento mondano sia l’espediente per provare a mettere in ombra la mancanza di un’idea e un progetto di allestimento della Pinacoteca. Se fosse così Bradburne avrebbe davvero sbagliato. Le Pinacoteche, è vero, devono essere spazi vitali. Luoghi di condivisione e non soltanto di muta ammirazione. Ma la convinzione che ciò si possa verificare soltanto utilizzando quegli spazi come cornice di eventi, è un nonsense. Forse vantaggioso economicamente, ma assolutamente errato dal punto di vista metodologico. Delittuoso dal punto di vista scientifico.

Bradburne I, duca di Milano, prima o poi capirà che c’è una grande differenza fra dirigere e amministrare una grande Pinacoteca. Che il cortile non é un dehors nel quale sistemare tavoli e ombrelloni. Imperante Franceschini, non rimane che sperare in un ravvedimento.

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