Art1-Mdp  ha presentato in Senato un disegno di legge: Disposizioni in materia di malattie infettive prevenibili con le vaccinazioni”. La stessa cosa più o meno ha fatto il Movimento cinque stelle. Il significato politico di queste proposte è davvero notevole: rispondere al tentativo del governo di estendere l’obbligatorietà vaccinale in modo ingiustificato con il suo contrario cioè sviluppando una consensualità sociale estesa, basata soprattutto sulla scelta ragionevole, responsabile e consapevole del cittadino e quindi su un rilancio dell’alleanza terapeutica tra medicina e società.

Questa scelta, come si evince dalla lettura dei testi e delle relazioni di accompagnamento, non è fatta per ragioni ideologiche o banalmente per fare opposizione al governo, ma perché oggi sappiamo, dati alla mano, che in questa società i sistemi obbligatori funzionano meno dei sistemi consensuali anche perché danno luogo a sgradevoli fenomeni sociali come il contenzioso legale. Lo scopo di questi disegni di legge, quindi, è molto pratico e consiste nell’accrescere il grado di copertura vaccinale nel Paese definendone però la modalità più efficace per raggiungerlo, evitando di farsi strumentalizzare da scopi estranei agli obiettivi di sanità pubblica.

Per esempio nell’ultimo articolo (art 8) della proposta di Mdp è prevista – scelta molto controcorrente rispetto al decreto del governo – non a caso, l’abrogazione di tutte le norme obbligatorie attualmente in vigore (anti difterite, poliomelite, tetano, epatite B e tubercolosi) scommettendo tutto sulla consensualità. Mentre in quella del M5S, che pur conferma i classici quattro vaccini obbligatori, si dice chiaramente che il problema da risolvere è la gratuita obbligatorietà non giustificata da nessuna emergenza epidemica e quindi sanzionata in modo ingiusto e gratuito.

Come si spiega questa netta opposizione tra obbligatorietà e consensualità?

Io ritengo che la decisione del governo di rendere obbligatori 12 vaccini senza alcuna giustificazione emergenziale sia una scelta immorale. Perché? Gli obblighi vaccinali hanno senso nel caso in cui vi sia una emergenza tale da mettere in pericolo l’integrità della popolazione: in tal caso diventa morale imporre il vaccino a tutti perché il vantaggio di salute a livello di collettività è più grande del sacrificio individuale alla propria libertà.

Ma senza alcuna emergenza, l’obbligo vaccinale diventa immorale perché il sacrificio della libertà personale diventerebbe gratuito cioè non giustificato da una vantaggio collettivo plausibile quindi da una situazione di necessità pubblica.

La libertà personale, in questo contesto, va interpretata in senso costituzionale vale a dire che, in linea generale, tutti i trattamenti sanitari hanno una natura volontaria (art 32). Compromettere la natura volontaria dei trattamenti sanitari nel senso di trasformarli in Trattamenti sanitari obbligatori (Tso) senza fondate ragioni di emergenza e quindi di interesse pubblico, è immorale e nasconde interessi che mal si conciliano con l’interesse pubblico.

Lo stesso discorso vale se rapportiamo i vantaggi della vaccinazione a livello collettivo quindi come misura epidemiologica con gli svantaggi in termini di eventi avversi a livello individuale. Questi ultimi per quanto marginali, sarebbero inutilmente immorali cioè del tutto gratuiti in una situazione priva di emergenza mentre al contrario sarebbero relativamente meno immorali cioè più giustificati da uno stato di innegabile necessità.

Se ripercorriamo la storia dell’obbligo vaccinale nei confronti delle malattie infettive (senza entrare nei particolari) ci accorgiamo che, con la riduzione dell’emergenza epidemiologica, parallelamente vi è una riduzione del grado di obbligatorietà e quindi delle sanzioni che si accompagnano ad essa. Per esempio nel nostro paese l’obbligo vaccinale per il vaiolo fu accompagnato da pesanti misure restrittive delle libertà personali e fu abolito solo nel 1981. A partire da questo periodo le sanzioni penali previste per gli inadempienti si trasformarono in sanzioni amministrative ed infine dal 1999 in poi la mancata esecuzione delle vaccinazioni non comportava più il rifiuto dell’ammissione a scuola (ci si limitava alla segnalazione).
Quindi, venendo meno le ragioni dell’emergenza e, parallelamente, crescendo i risultati della vaccinazione, si è andati inevitabilmente verso la raccomandazione e verso le vaccinazioni facoltative. Al punto che nel 2005 lo stesso ministero della Salute indicò come preferibile la decisione di abolire l’obbligo vaccinale

La Regione Veneto, come è noto, ha fatto da apripista al passaggio coercizione/raccomandazione, convinta che insistere con soluzioni obbligatorie, in una società basata sempre più sulla consensualità responsabile, avrebbe comportato un danno alla buona riuscita della vaccinazione.

L’anomalia del decreto del governo è che esso impone soluzioni coercitive in una situazione di emergenza che non esiste (a parte il problema del morbillo che si può affrontare ad hoc) per cui inevitabilmente fa pensare che la sua adozione sia strumentale e obbedisca a logiche, interessi, visioni culturali che alla fine con i vaccini centrano poco.

E questo è un problema di immoralità pubblica.

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