E così il progetto denominato impropriamente “Stadio della Roma” si farà. Già, impropriamente, perché quella che verrà realizzata è una operazione urbanistica nella quale lo stadio sarà solo un elemento. Neppure il più invasivo. Di certo non il più qualificante. E così il progetto che aveva attirato tante critiche sull’ex sindaco Marino e sull’ex assessore alla Trasformazione urbana, Caudo, si farà. Il progetto è stato rivisto, è vero. Non ci saranno i tre grattacieli, ma in compenso ci sarà tutto il resto. Insomma una urbanizzazione che saturerà altri spazi, contribuirà presumibilmente ad aggravare la situazione dei trasporti di un settore della città.

Dopo mesi di riunioni e dichiarazioni, l’amministrazione comunale pentastellata ha deciso provvedendo a rimuovere ogni residua resistenza. Prima, direttamente, nel municipio IX, struttura politica nel quale ricade territorialmente il progetto. Poi, in maniera più indiretta, nella commissione regionale chiamata ad esprimersi sulla questione del vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle, esistente nell’area del progetto. Infine in Assemblea capitolina, dove il voto sul pubblico interesse del progetto ha chiuso la questione.

Così l’AS Roma avrà il suo stadio e chi costruirà avrà realizzato il business sperato. In ogni caso una gran brutta storia dalla quale non esce bene il M5s. L’incapacità dei suoi rappresentanti in Campidoglio, ma anche quella dei big che hanno in vario modo sostenuto la bontà dell’operazione, sono la cifra più evidente di un fallimento. Un disastro su tutti i fronti. Non soltanto scelte sbagliate. Soprattutto la più completa, ferma, volontà, di tener fuori dalle scelte la città intera. I comitati locali, i semplici cittadini, come i professionisti, le tante intelligenze che hanno aspettato di poter essere chiamati ad esprimere il loro parere. Insomma tutte quelle entità che avevano creduto che il Movimento, oltre a parlare di partecipazione, volesse farla esercitare. Niente, invece. Nessuna reale partecipazione. Una chiusura, totale. Il Movimento ha pienamento fallito, almeno su questo progetto, perché autorizzandolo, ha tradito diverse delle promesse fatte in passato. A partire da quella che il tragico sviluppo urbano di Roma non avrebbe dovuto subire nuove scriteriate aggiunte.

Forse il progetto stadio a Tor di Valle non è un’aggiunta, per di più illogica e pericolosa? La pianificazione urbana è una materia importante sulla quale non è possibile improvvisare. Il tema del consumo di suolo non è un argomento del quale discettare in convegni oppure in riunioni, ma una realtà con la quale confrontarsi. In entrambi i casi, aldilà delle competenze che si è in grado di mettere in campo, sarebbe necessario essere guidati da una idea condivisa di città. Il dubbio che questa idea non esista, oppure che se c’è non sia più quella che al momento della composizione della giunta indirizzò la scelta di Paolo Berdini come assessore all’Urbanistica, si rinsalda sempre più. Quella scelta significava lavorare a una città nella quale a indirizzare le operazioni non sarebbero stati i “soliti” costruttori. L’ok all’operazione Tor di Valle vuol dire rinnegare quell’idea. Sostanzialmente abbandonarsi alla convinzione che Roma debba continuare ad essere una città persa. Insomma persa al bene Comune.

Il M5s non è solo in questo disastro. Al suo fianco c’è con (de-)merito la Soprintendenza archeologica. Il vincolo sull’Ippodromo firmato nel 1959 dall’architetto Julio Lafuente, avrebbe potuto cambiare la storia. La sua soppressione ha evitato che accadesse. “Non è mai esistito, c’è stata solo una proposta di vincolo. La mia posizione è che quella proposta sia impraticabile. La decisione non è mia, è collegiale”, dice Francesco Prosperetti, il Soprintendente che ha anche autorizzato il mega palco per lo spettacolo “Divo Nerone” sul Palatino. “Prosperetti non ha voluto deludere il Comune, peccato non sia un mediatore d’affari”, ha scritto l’ex Soprintendente Margherita Eichberg.

Insomma, ognuno dice la sua. Ma la sostanza non cambia. Il vincolo scompare. Anche in questo caso, come già accaduto per le nomine dei Musei, ci saranno dei ricorsi. Anche se dovessero essere accolti, rimarranno indelebili le occasioni perse. Di certo quelle del M5s di cambiare il trend urbanistico della città. Della Soprintendenza di aver esercitato uno dei suoi compiti istituzionali, ovvero tutelare.
Un’altra brutta storia per Roma.

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