Sembra ormai prossima una soluzione di “sistema” in grado di evitare il bail-in delle due banche venete. Lo ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e lo ha confermato Bruxelles sottolineando che “la Commissione Ue, il Single Supervisory Mechanism e le autorità italiane lavorano fianco a fianco” e “sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione per le due banche in linea con le regole Ue, senza il bail-in degli obbligazionisti senior. I depositi saranno in ogni caso pienamente garantiti”. Come verrà fatto l’intervento, però, è ancora tutto da vedere perché tolti i due maggiori istituti di credito – Intesa Sanpaolo e Unicredit – quasi tutti gli altri si sono tirati indietro, alcuni dichiarandosi indisponibili a mettere altri soldi nelle due banche venete dopo il flop di Atlante.

Come più volte scritto, l’intervento dei privati si è reso indispensabile per coprire le perdite previste e prevedibili di Veneto Banca e Popolare Vicenza derivanti soprattutto dalla differenza tra il valore cui sono iscritti a bilancio i crediti in sofferenza e il loro effettivo prezzo di vendita. Secondo le autorità europee, il gap che i privati devono coprire è di almeno 1,2 miliardi di euro. Nonostante “l’attenzione, la competenza e il senso di responsabilità istituzionale” con cui i vertici di Intesa Sanpaolo e quelli di Unicredit seguono il dossier, sembra alquanto improbabile che i due gruppi da soli si facciano carico dell’intero intervento. Sicuramente questa volta Cassa depositi e prestiti non parteciperà né direttamente né indirettamente all’operazione di salvataggio, mentre si intensificano le voci su un possibile impegno di Poste Vita che, attraverso il fondo Atlante, già aveva gettato nel pozzo senza fondo delle due banche venete 260 milioni dei suoi ignari assicurati. Ad alimentare queste voci il fatto che solo pochi giorni fa la presidente di Poste Italiane, Maria Bianca Farina, si era detta disponibile a valutare un nuovo “investimento”.

Quaestio sgr, la società di gestione del fondo Atlante azionista al 99% di Popolare Vicenza e Veneto Banca, aveva scritto a chiare lettere ai consigli d’amministrazione delle due banche che non avrebbe partecipato alla ricapitalizzazione e nel recente passato il numero uno di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha ribadito l’indisponibilità di Ca’ de Sass a partecipare a un nuovo round di finanziamenti del fondo. Difficile quindi che Atlante torni a giocare da protagonista in quest’operazione di salvataggio, ma mai dire mai: per perfezionare l’iniezione di 1,25 miliardi di euro di capitali “privati” occorrerà pure un veicolo e il cosiddetto “braccio volontario” del Fondo interbancario non pare adatto allo scopo se all’operazione di “sistema” dovessero partecipare – oltre a qualche banca – anche altri soggetti quali appunto Poste Vita o altri gruppi finanziari e assicurativi.

In ogni caso, quello che è sicuro è che i grandi imprenditori veneti non saranno della partita, a partire dai Benetton. Riferendosi a un’eventuale richiesta di intervento a sostegno di Popolare Vicenza e Veneto Banca, Gilberto Benetton ha liquidato la cosa con tono sprezzante: “Hanno il buon senso di non chiedercelo. Penso che quando parlano di privati per queste banche è una cosa che non esiste. Le banche sono state tirate per la giacchetta e hanno reagito, gli imprenditori non c’entrano niente”. Una risposta che non fa una piega, ma che suona un po’ strana in bocca all’esponente di una famiglia che è tra quelle che hanno maggiormente beneficiato (e continuano a beneficiare) del “sistema” Italia e delle sue concessioni affidate senza gara.

Altro commento un po’ fuori giri pare quello del presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che ha testualmente detto: “Credo che sia il momento di andare ai conti: il bail-in costerebbe 11 miliardi al fondo interbancario di garanzia, per salvarle basterebbe invece solo un miliardo. Mi sembra logico che convenga investire questo miliardo fregandosene dell’Europa per garantire i risparmiatori e salvaguardare i loro risparmi”. Un’affermazione incauta da parte di un signore che ha indetto un referendum sull’autonomia del Veneto che si svolgerà il 23 ottobre e che reputa Roma “un nemico del popolo veneto” perché, a parte il miliardo e rotti dei “privati”, sarà lo Stato a mettere gran parte dei 6,4 miliardi necessari per ricapitalizzare le due banche venete che peraltro sono ancora in piedi solo perché, sempre grazie alla garanzia statale, hanno potuto emettere bond per un totale di 10,1 miliardi (5,2 Popolare Vicenza e 4,9 Veneto Banca). E a tutto ciò occorre poi aggiungere i 3,5 miliardi (di cui una parte cospicua viene da Cdp e Poste, cioè dalla mano pubblica) che Atlante ha iniettato nel capitale delle due banche lo scorso anno. Alla fine vedremo cosa sarà venuto a costare questo pseudo-salvataggio e quali risultati concreti avrà ottenuto, a parte quello di bandiera di “aver evitato il bail-in” per il secondo anno consecutivo. Speriamo almeno che in questo caso non valga il detto “non c’è due senza tre”, ma – dato il livello della classe dirigente -sperare è già troppo.

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