Potranno anche sembrare separate in casa, eppure Lega Nord e Forza Italia riescono a vincere soltanto se riescono a trovare una formula di convivenza che le tenga unite. E come in tutti i matrimoni che hanno qualche ruga, anche loro devono mandare giù più di un rospo per evitare che finisca a torte in faccia e che se ne avvantaggi il centrosinistra, peraltro uscito alquanto malconcio dalle amministrative. Il primo verdetto in Veneto lancia questo segnale, significativo anche per la politica nazionale.

Cominciamo da Padova che costituisce l’esempio più eclatante di baruffe tutte interne al centrodestra. A novembre il sindaco Massimo Bitonci fu mandato a casa, con la complicità di due consiglieri azzurri. La pace elettorale ha riportato Bitonci candidato, con Forza Italia costretta a chiedere scusa e a diventare una specie di ruotino di scorta del presidente della Liga Veneta. Un primo risultato si è visto perchè il commercialista di Cittadella ha superato il 40 per cento con 39.158 voti, lasciando a 11 incollature (29.25%) l’imprenditore Sergio Giordani del centrosinistra (28.487 voti). Tutto secondo i sondaggi, che però avevano messo in allarme Bitonci, indicato come soccombente in caso di ballottaggio. Infatti, il terzo incomodo, il professore universitario Arturo Lorenzoni alla testa di due civiche di area centrosinistra, ha avuto una performance inattesa, sfiorando il 23 per cento. Insomma, l’aritmetica dice che l’elettorato di centrosinistra e dintorni supera abbondantemente quota 52 per cento.

Di certo il matrimonio d’interessi non ha portato bene a Forza Italia. Nel 2014 appoggiava Bitonci e incassò quattro seggi con 7.967 preferenze pari al 7.43 per cento. Adesso ne esce dimezzata con 3.422 miserrimi voti pari al 3.89 per cento. È stata cannibalizzata dalla Lega che come lista ottiene 5.848 voti, pari al 6.64 per cento, comunque più del 5 per cento di tre anni fa. I voti arrivati alla lista di Bitonci (21.189, pari al 24 per cento) non possono dirsi voti “non leghisti”, visto il ruolo del candidato all’interno del movimento. Il prezzo più caro è stato pagato dagli azzurri, che sembrano aver perso da tempo la bussola.

Un altro matrimonio combinato è stato celebrato a Verona, la città dell’amore. Anche qui Forza Italia e Lega Nord hanno scelto la mediazione, nel tentativo di togliere elettorato di centro a Patrizia Bisinella, compagna del sindaco uscente Flavio Tosi, che ha fondato Fare! dopo essere stato espulso dalla Lega. Il calcolo non era campato per aria. Eppure la Lega ci ha rimesso la faccia, visto che aveva già presentato pubblicamente il proprio candidato, poi ritirato in tutta fretta per far posto all’avvocato Federico Sboarina. Forza Italia, in una città a tradizione di centrodestra, non è mai sembrata avere in mano il pallino, anzi la scelta di Sboarina è stata percepita come frutto di un accordo di palazzo tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

I risultati non del tutto positivi si sono visti. Forza Italia è precipitata al 3.43 per cento con soli 3.767 voti. Nel 2012 il Popolo della Libertà correva da solo e raggiunse il 5.29 per cento (8.88 per cento al candidato Luigi Castelletti). Ma anche la Lega Nord ne è uscita ridimensionata in modo drammatico, visto che cinque anni fa poteva contare sul candidato Flavio Tosi e ora se lo è trovato contro. La percentuale di 8.86 punti (9.726 voti) non può dirsi esaltante per il Carroccio, considerando che il 13.66 per cento di consensi alla lista del sindaco non va considerato in quota leghista. Nel 2012 Tosi con la propria civica superò il 37 per cento e il partito arrivò al 10.72 per cento.

L’operazione di occupare con Sboarina il centro non può dirsi completata con successo. Anzi, ha dovuto prendere atto che la compagna di Tosi, Patrizia Bisinella, è lì vicino, distanziata di 6 mila voti che non sembrano incolmabili, visto l’appeal dimostrato dalla coppia ex leghista con Verona. E quindi il centrodestra rischia di perdere anche qui, dopo aver vinto il primo turno.

E così il discorso si sposta sul centrosinistra, che potrebbe anche riuscire nell’impresa di vincere a Padova e di far perdere il centrodestra a Verona, ma non per meriti propri. Orietta Salemi del Pd a Verona è fuori dal ballottaggio e paga la scelta di Michele Bertucco (nel 2012 fu candidato-sindaco del centrosinistra) di correre da solo. Fossero rimasti assieme (31 per cento), avrebbero impedito alla Bisinella di arrivare al ballottaggio, anche se poi avrebbero perso con Sboarina. Adesso i loro voti saranno decisivi per il recupero della candidata di Tosi, che sul referendum istituzionale aveva preso una posizione pro-Renzi.

A Padova il centrosinistra potrebbe farcela a riprendersi il posto di sindaco. Ma il Pd è alquanto sbrindellato se si pensa che nel 2014 Ivo Rossi al primo turno raggiunse il 33.76 per cento, con 9 mila voti in più di Giordani (poi fu battuto da Bitonci). E adesso dovrà andare a chiedere aiuto alle civiche e alla sinistra a cui sbattè la porta in faccia tre mesi fa, rifiutandosi di fare le primarie. Il Pd aveva offerto un posto da vicesindaco ad Arturo Lorenzoni, che aveva replicato con sdegno: “Abbiamo chiesto in tutti i modi di dare la parola ai cittadini elettori. Purtroppo abbiamo avuto in risposta solo offerte di poltrone. Coalizione Civica è nata proprio per combattere questo modo di far politica, rimettendo al centro la partecipazione della gente. Andiamo avanti”. Chissà se la testa di Bitonci, adesso, val bene un mea-culpa. E chissà se basterà per riportare il centrosinistra vincente a palazzo Moroni.

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