Non c’è pace per Uber. Al suo quartier generale di San Francisco sono state licenziate più di venti persone con l’accusa di molestie sessuali. Il provvedimento, estremo, è stato preso al termine di un’indagine interna che aveva preso il via lo scorso febbraio e che, oltre alle molestie, aveva messo in evidenza anche casi di bullismo.

Tutto partì, come spiega Bloomberg, con la denuncia di una ex dipendente: l’ingegnere Susan Fowler, che tra fine 2015 e fine 2016 aveva riferito all’ufficio risorse umane e ai vertici dell’azienda le “pressanti” attenzioni di un suo superiore, senza tuttavia ricevere risposte nè protezione. La Fowler aveva anche specificato di non essere stata l’unica donna a subire avances dallo stesso manager, e che l’azienda aveva sempre “insabbiato” qualsiasi denuncia.

Tra l’altro, sempre lo scorso febbraio, era già stato allontanato dall’azienda un altro ingegnere, Amit Singh, in seguito ad uno scandalo sessuale risalente alla sua precedente attività lavorativa presso Google. Scandalo sempre negato da Singh.

L’indagine interna, guidata dall’ex procuratore generale di Obama Eric H. Holder, ha preso in considerazione 215 denunce, di cui cento non sono state giudicate credibili. Ma è proprio in seguito alla gravità delle altre, la maggioranza, che sono scattati i licenziamenti dei 20 manager. Oltre a questi, altri sette hanno ricevuto lettere di richiamo mentre l’indagine continua: il sexgate di Uber potrebbe dunque non finire qui.

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