“Sappiamo dove abiti. Bruciamo te e la tua famiglia. E poi altri epiteti alla mia figura di donna che preferisco non ripetere”. Monica Chittò, sindaco di Sesto San Giovanni, racconta al fattoquotidiano.it le minacce di morte ricevute con una lettera anonima il 19 maggio scorso. Pochi giorni prima aveva firmato il Protocollo sull’accoglienza, col quale si impegnava ad accogliere in città una quota di migranti. Nel Comune alle porte di Milano domenica 11 giugno si va al voto per eleggere il nuovo primo cittadino. La sindaca sarà ancora candidata per il centrosinistra: “Ho governato la città in un momento complesso, mi sono dovuta relazionare con comunità differenti. Accoglienza e integrazione? Io parlo di sicurezza”.

La lettera ricevuta dalla prima cittadina non è stata un episodio isolato. “E’ il frutto di un clima politico violento alimentato dai miei competitori – denuncia Chittò – che non avendo argomenti cavalcano la paura”. Al centro del dibattito sono ancora una volta i migranti. Ma la sindaca non ci sta a portare l’etichetta di ‘buonista’ e parla semmai di realismo politico. Figlia di un poliziotto, si definisce semplicemente “una che ha governato”. “C’è un problema? Non ti fai gli affari tuoi e lo risolvi. Questo è il governo – afferma – non c’entra la questione dell’accoglienza”.

Come si traduce tutto ciò concretamente? “La sicurezza non si affronta con gli slogan – spiega Chittò – sicuramente servono un lavoro congiunto con le forze dell’ordine, il rispetto delle regole, il controllo dei luoghi più sensibili della città, ma la sicurezza passa anche dal dialogo, dalla conoscenza, dal confronto”. Come quello avuto con la comunità islamica, racconta la sindaca: “Un percorso trasparente di costruzione di un luogo di preghiera. L’alternativa è nascondere le questioni, cavalcando slogan”.

Il progetto di costruzione di una moschea è stato l’ultimo terreno di scontro, con il candidato sindaco del centrodestra Roberto Di Stefano che accusa il Centro islamico di aver ricevuto fondi da alcuni emiri del Qatar che diffondono il fondamentalismo religioso. Accuse rispedite al mittente dalla prima cittadina, che ritiene proprio il suo avversario politico uno dei responsabili di quel clima d’odio che ha portato poi alle minacce. “Così le persone si sentono legittimate a insultare, offendere, minacciare. Spero non ad agire”, afferma. Gli episodi infatti sono continuati anche dopo la lettera. Il terreno della violenza verbale è stato soprattutto Facebook, dove Fayez Eissa, italiano di origine egiziana e di fede cristiano copta, nonché candidato consigliere comunale per il Pd, è stato vittima di epiteti razzisti. E come lui sono state insultate e minacciate anche l’assessora Roberta Perego e la consigliera Lidia Speranza.

“Il fratello del vice-sindaco è stato anche pedinato”, denuncia la sindaca. “Un episodio che la dice lunga su un clima che va avanti dall’estate scorsa, quando sono comparse le prime scritte offensive sui muri del Comune. Poi il tutto è peggiorato dopo l’uccisione di Anis Amri, che ha scatenato una vera violenza politica”. La stazione di Sesto è infatti il luogo in cui è stato ucciso l’autore dell’attentato ai mercatini di Natale di Berlino, nel dicembre scorso. “Dovremmo essere orgogliosi di aver fermato un terrorista ricercato in tutta Europa – afferma Chittò – invece il giorno dopo il segretario della Lega Matteo Salvini, come un corvo, è arrivato in città. Ma con lui c’erano quattro gatti”.

“Quell’episodio ha dimostrato che i nostri pattugliamenti funzionano – sostiene Chittò – ma qualcuno ha voluto ricamarci sopra una narrazione diversa, su cui poi ha basato la sua campagna elettorale”. Da quel momento la bagarre politica si è inasprita fino ad arrivare alle minacce, tanto che la sindaca non è ancora sotto scorta ma la prefettura a breve potrebbe decidere di assegnarle una protezione. “Io continuerò a portare avanti il mio messaggio – afferma – e sarò portavoce di quella parte di città che ha fatto dell’integrazione la sua storia”. Nessuna paura di perdere voti parlando di immigrazione e di accoglienza: “A essere intollerante è una parte della politica, non la città di Sesto. C’è chi alimenta la paura e il sospetto, ma attualmente in città abbiamo una sessantina di profughi. Non sta succedendo niente”.

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