Chi di antipornografia ferisce di pornografia perisce. Sotto la lente della polizia dell’Indonesia è finito Rizieq Shihab, intransigente e violento leader moralista dell’Islamic Defenders Front (FPI). La polizia lo ha formalmente accusato di aver scambiato sul proprio smartphone messaggini osé e foto di nudo con una signora, Firza Husein, che non è sua moglie. Dal pulpito fedifrago dell’Occidente arrapato viene da sgranare gli occhi: ma come, un uomo non può scrivere due o tre porcherie ad una donna che vuole conquistare e magari mostrarsi fotografando il suo lato migliore? No, in Indonesia non è possibile, perché quelle appena descritte non rientrano tra le pratiche della sfera privata di un individuo, ma sono pratiche contro la legge morale dello stato. E le pene sono severe, mica bruscolini.

Legge, peraltro, fortemente voluta propria dall’Islamic Defenders Front e dal signor Rizieq, infine approvata in via definitiva dai partiti istituzionali nel 2008. Come scrive la BBC sul proprio sito web, “Rizieq incarna il vero volto dell’Islam” indonesiano, “noto per la sua retorica infuocata, il suo gruppo si è ribellato nel passato contro la promiscuità sessuale, l’alcool e la prostituzione”. Nel 2005 quando Playboy ha tentato di pubblicare l’edizione indonesiana della propria rivista l’FPI e Rizieq hanno parlato di “lotta ai contenuti satanici”, e hanno cercato in ogni modo di bloccare la pubblicazione del celebre brand Usa assaltando perfino gli scaffali di edicole che ne hanno ospitato il primo numero, bruciandone in piazza le copertine. Versione alquanto edulcorata quella di Playboy Indonesia che non conteneva scene esplicite di sesso, ma soltanto qualche nudo nemmeno integrale. FPI e Rizieq hanno però ottenuto il massimo riconoscimento in termini legislativi della loro crociata antipornografica e sessuofoba.

Quando il Parlamento nel 2008 ha votato l’Undang-undang Pornografi, diverse testate internazionali hanno parlato di introduzione della Sharia nella vita privata dei cittadini indonesiani. E sempre in quelle ore febbrili i simpatizzanti del FPI armati hanno aggredito i membri del National Alliance for Freedom of Religion and Belief che stavano manifestando la loro contrarietà alla legge appena votata. Gesto brutale e violento che è costato un anno e mezzo di carcere a Rizieq per incitamento alla violenza. Mentre l’FPI ha continuato le sue crociate sia contro i concorsi di bellezza, sia contro le manifestazioni LGBT nel proprio paese, grazie alla legge succitata nel 2011 la celebre icona pop indonesiana, il 29enne Nazril ‘Ariel’ Irham, è stata condannata a tre anni e mezzo di reclusione e 16mila sterline di multa perché alcuni video in cui faceva sesso con due giovani donne erano finiti online a sua insaputa. In quell’occasione diversi membri del FPI avevano richiesto la “lapidazione come richiesto dalla legge islamica”, mentre altri più moderati si erano limitati ad una sentenza morale che oggi sembra ritorcersi contro il loro leader in ambasce: “Anche se i video di Ariel sono privati, l’adulterio è sempre adulterio”.

Lo scandalo attorno al leader del FPI è iniziato nei primi mesi del 2017 quando sulla pagina web The Love Ballad of Rizieq sono apparse le foto incriminate, scatenando le proteste online dove Rizieq è stato definito un “ipocrita”. Rizieq ha dapprima risposto che le immagini fossero false, poi quando il capo della polizia di Giacarta ha confermato che le utenze telefoniche in esame erano la sua e quella della signora Firza, convocando il leader politico a testimoniare come presunto colpevole per aver violato la legge antipornografia, Rizieq è fuggito in Arabia Saudita, sorta di nazione modello a cui l’Indonesia si è ispirata per le leggi in materia di pornografia e sessualità. L’Indonesia ha 237milioni di abitanti, ed è il paese con il maggior numero di cittadini di fede musulmana al mondo.

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