Fiprem, il fondo integrativo di previdenza della Montedison, sta per essere liquidato perché gli iscritti si sono vieppiù ridotti. Al che parecchi mi hanno chiesto lumi. Possono infatti riscattare quanto accumulato nel fondo o trasferirlo ad altro prodotto previdenziale. Per esempio, a Fonchim per chi lavora nel settore chimico. Inutile dire che i sindacati spingono per la seconda opzione con argomentazioni a prima vista valide. Primo, ci sarebbe un vantaggio fiscale. La casistica è complessa, ma in particolare il Tfr confluito nel fondo Fiprem dal 2007 in poi verrebbe tassato al 23% in caso di riscatto e solo al 15% o meno, se mantenuto nella previdenza integrativa.

A parte che tale vantaggio viene taglieggiato dalle commissioni, al momento cruciale sarà davvero così? Non c’è da fidarsi. Tutte le altre agevolazioni tributarie previste e sbandierate per la previdenza privata sono state prima o poi eliminate o fortemente ridotte. Secondo, verrebbe confermato un privilegio dei cosiddetti vecchi iscritti che hanno diritto a ottenere il cosiddetto montante tutto come capitale e non come rendita. Il montante è quanto avranno nel fondo al momento della pensione.

Ma neppure su una tale garanzia si può fare affidamento. Non stupirebbe affatto se prima o poi venisse annullata retroattivamente, visti i brutti precedenti proprio per i fondi pensione chiusi. Infatti, ad esempio quello dei quadri e capi Fiat garantiva in ogni momento il diritto a riportare in azienda il Tfr maturando. Diritto che venne cancellato dallo sciagurato decreto legislativo 252/2005, per cui i lavoratori iscritti rimasero incastrati nel fondo.

A favore del riscatto, congiurano tutti gli aspetti negativi della previdenza integrativa e soprattutto dei fondi negoziali: l’assenza di trasparenza pressoché totale, i subappalti a cascata nella gestione, la mancanza di tutela del potere di acquisto, i rischi di perdite collegati ai mercati finanziari, il pericolo che il fondo metta il 30% in titoli di aziende decotte del settore e così via. Fermo restando che è comunque una decisione in condizioni di incertezza, chi è vicinissimo alla pensione può anche rischiare. Magari ha fortuna e gli va bene: il gestore non fa troppi disastri, la normativa non viene peggiorata ecc. In caso contrario è più prudente il riscatto, per riprendere il controllo di quanto accumulato in Fiprem, e soprattutto mantenere per il futuro il Tfr, che è l’investimento più sicuro a fini previdenziali, tanto in azienda quanto all’Inps. In assenza di scelte entro il 30 giugno 2017, bisogna distinguere. Se uno sta versando contributi, la sua posizione trasloca al fondo pensione di riferimento in cui lavora. In caso contrario, viene riscattata e può prelevare il ricavato da un conto apposito.

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