La maledizione continua. La Juventus perde la finale di Champions League. Un’altra volta. A Cardiff è ancora la notte del Real Madrid, è sempre la notte del Real Madrid: i bianconeri si arrendono 4-1 contro i campioni uscenti ed entranti d’Europa, per la dodicesima volta. Alla Juve non basta un gran primo tempo e la meraviglia del gol del momentaneo pareggio di Mario Mandzukic, una semirovesciata in palleggio bella come e forse più di quella di Zidane nel 2002, che resterà comunque come una delle reti più belle mai realizzate in una finale di Champions. Peccato non sia valsa nulla. Decidono i colpi di Cristiano Ronaldo, l’uomo delle partite decisive, autore del gol del vantaggio e poi di quello del ko, il primo a segnare in tre finali diverse di coppa. Anche se la rete decisiva porta la firma di Casemiro, l’unico gregario di una formazione di campioni che con Zidane ha imparato a difendere e colpire al momento giusto. E così ha fatto la storia. Il Real è la prima squadra a sollevare il trofeo per due edizioni di fila, impresa mai riuscita a nessuno da quando la vecchia Coppa dei Campioni si è trasformata in Champions; l’ultima doppietta l’aveva firmata proprio un’italiana, il Milan di Sacchi nell’89-’90. Una maledizione, a ben vedere, è stata spezzata. Ma non è quella che sognava la Juventus.

Non è stata una finale qualsiasi, con cinque gol, spettacolo puro e molto più equilibrio di quanto dica il punteggio finale. Almeno nel primo tempo. Ti aspetti tattica, schermaglie a centrocampo, attenzione esasperata, e invece entrambe le squadre hanno corso a ritmi indemoniati. Forse anche troppo col senno di poi, pensando a quanto successo alla Juventus, che ha giocato una prima frazione eccezionale, chiusa però solo sull’1-1. E poi è scomparsa nella ripresa, quando invece il Real Madrid è uscito dagli spogliatoi con un altro piglio: nel momento in cui Modric e Kroos si sono impossessati del possesso palla, e Casemiro ha cominciato a mangiare le caviglie degli avversari, in casa bianconera si è spenta di colpo la luce. E non si è più riaccesa.

Eppure la Juventus era partita benissimo, col piglio giusto: aggressività, pressing, possesso alto, scambi nello stretto. Altro che timore reverenziale. Avrebbe potuto marcare già nei primissimi minuti, con Higuain e soprattutto Pjanic, murato da Keylor Navas. Magari sarebbe andata diversamente, con gli spagnoli in affanno, sorpresi, costretti a rincorrere. Invece era stato il Real a passare alla prima, vera occasione: una combinazione anche banale tra Ronaldo e Carvajal, il piattone di prima del portoghese deviato forse in maniera fatale da un tocco di Bonucci. Poi la Juventus era stata anche bravissima a reagire subito, da grande squadra:  riversandosi tutta in avanti, rischiando anche più del dovuto, trovando immediatamente il pareggio con la girata in palleggio di Mandzukic.

È qui che l’inerzia, per un attimo, è sembrata pendere leggermente dalla parte dei bianconeri. Sembrava il momento buone per fare la storia, ma l’intervallo ha spezzato l’incantesimo. Il secondo tempo è stata praticamente un’altra partita, che il Real ha dominato dal primo all’ultimo secondo. E vinto meritatamente: con la calma, la qualità e anche quel pizzico di buona sorte che è tipico dei campioni veri. Gli spagnoli hanno cominciato a macinare possesso palla, con la Juve troppo schiacciata e passiva, stanca di gambe o chissà di testa. Così il secondo vantaggio del Real non è stato casuale, anche se molto fortunato: una conclusione da lontanissimo di Casemiro, di nuovo deviata (da Khedira) e beffarda per Buffon. La spallata decisiva, anche perché seguita dall’immediato 3-1 firmato ancora da Ronaldo, puntuale su un cross di Modric nato dall’ennesimo pallone recuperato col pressing a metà campo. Un uno due-micidiale, stavolta senza appello o rimonte.

Inutili i cambi, le urla, le palle buttate un po’ a casaccio in avanti: a un certo punto Allegri ha pure inserito Lemina al posto di Dybala. Le ha provate tutte per rianimare i suoi. O forse semplicemente per limitare i danni in una partita dal finale già scritto. L’ultimo sussulto è stato un colpo di testa di Alex Sandro, fuori di poco. Poi Cuadrado si è fatto espellere ingenuamente per una spintarella a Sergio Ramos, e fino alla fine è stata solo accademica: in cui c’è stato spazio per l’ingresso del padrone di casa Gareth Bale, applauditissimo dalla sua Cardiff, e per il 4-1 finale di Asensio. Un’umiliazione, almeno nel punteggio, che questa Juventus davvero non avrebbe meritato. Ai bianconeri restano la bellezza del gol di Mandzukic, l’orgoglio di esserci stati, la speranza di riprovarci presto. Solo tanti rimpianti, per l’ennesima finale persa.

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