Pensavano fosse in Germania dove la sua cosca può vantare di numerosi appoggi logistici. Ma Giuseppe Giorgi, inserito nello speciale elenco dei primi cinque latitanti più ricercati d’Italia, era nella sua abitazione a San Luca (Reggio Calabria). Il latitante ha 56 anni e metà della sua vita l’ha trascorsa tentando di scappare dalle accuse di associazione mafiosa, omicidio e traffico internazionale di sostanze stupefacenti e armi. Detto “u Capra”, Giorgi è ricercato dal 1994 quando sfuggì a un ordine di arresto a seguito di una condanna a 28 anni e 9 mesi di carcere.

I carabinieri del reparto operativo di Regio Calabria, con la collaborazione dello Squadrone Cacciatori, lo hanno scovato stamattina poco dopo le 8. Da anni era ritenuto il “manager” della cosca Romeo, alias “Staccu” che opera a San Luca ma che gode di ramificazioni in tutto il territorio nazionale e in Europa. Giorgi, infatti, aveva sposato la sorella del capoclan.

In una vecchia indagine della prima metà degli anni 90 era emerso che Giuseppe Giorgi svolgeva a Duisburg la funzione di “cassiere e distributore” della potente famiglia mafiosa di San Luca. Secondo gli inquirenti, con una telefonata era in grado di procurare ingenti somme di denaro nell’ordine di svariati milioni di marchi tedeschi. Di Giuseppe Giorgi aveva parlato anche il collaboratore di giustizia Francesco Fonti secondo il quale, il latitante è stato coinvolto nello smaltimento illegale di rifiuti tossici e nell’affare delle navi “a perdere” affondate con la dinamite lungo le coste italiane.

Il latitante si nascondeva all’interno di un bunker in muratura al quale si accedeva grazie a una botola sopra il camino. Dentro il covo i carabinieri hanno trovato anche 157mila euro in contanti. “È un’ulteriore giornata di particolare significato. – ha affermato il procuratore della Repubblica di Reggio Federico Cafiero de Raho – la nostra è la polizia giudiziaria migliore del mondo e questo arresto lo dimostra. Prendere Giuseppe Giorgi significa che non esistono fortezze inespugnabili. Il latitante era a casa con le figlie e con la madre. Ci tengo a sottolineare che lo abbiamo catturato senza confidenti. Non c’è altro per chi abbraccia la vita di ‘ndrangheta: o si finisce in carcere o uccisi nelle faide tra cosche. Non è un caso che una volta i latitanti riuscivano a scappare prima. Evidentemente c’era un motivo. Oggi le indagini sono una cassaforte. Rimangono riservate”.

“È un’indagine complessa, tecnica e dinamica. – ha aggiunto il comandante provinciale dei carabinieri Giancarlo Scafuri – È un risultato eccezionale perché questa terra, la Calabria, merita di più.” I dettagli del blitz sono stati spiegati dal comandante del Nucleo investigativo, il colonnello Vincenzo Franzese. “Avevamo contezza della presenza del latitante nell’abitazione. – ha affermato l’ufficiale – Il rifugio dove si nascondeva era molto stretto. Giorgi, al momento dell’arresto, non era armato e non ha opposto resistenza. Abbiamo trovato anche 157mila euro sigillate in buste e murate all’interno di un altro muro”.

Soldi che, secondo gli inquirenti, erano di provenienza illecita. Non è eslcuso che Giorgi possa avere continuato a fare affari con il traffico di droga. Ventiquattro anni da “primula rossa” non sono pochi per un boss che senza dubbio ha goduto di numerosi fiancheggiatori capace di garantire gli spostamenti del latitante tanto nel piccolo paesino della Locride quanto in Germania.

Le indagini, condotte grazie anche a molte intercettazioni telefoniche e ambientali, continuano e non è escluso che presto la Direzione distrettuale antimafia possa ricostruire la rete di protezione di Giorgi.

AGGIORNAMENTO DEL 7 GIUGNO 2017
Nel corpo dell’articolo in un primo momento abbiamo erroneamente pubblicato una foto di un soggetto totalmente estraneo ai fatti narrati nell’articolo relativo all’arresto del superlatitante Giuseppe Giorgi. Per questo motivo abbiamo rimosso la fotografia: ce ne scusiamo con l’interessato e con i lettori. 

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