I rilanci non sono permessi. L’Avvocatura dello Stato ha risposto al ministero dello Sviluppo economico confermando la tesi del titolare Carlo Calenda, secondo cui le cordate in corsa per l’Ilva non possono modificare al rialzo le proprie offerte economiche: servirebbe “una nuova fase competitiva estesa a tutte le componenti delle offerte stesse”. Si va dunque verso l’aggiudicazione ufficiale ad Am Investco, il raggruppamento guidato da ArcelorMittal, che ha offerto 1,8 miliardi ma il cui piano industriale e ambientale è ritenuto “incoerente” dai tecnici incaricati dai commissari. Nel frattempo però, stando a indiscrezioni, i rivali di Acciaitalia (Jindal, Arvedi, Cdp e Delfin) stanno preparando una nuova offerta vincolante da presentare lunedì, quando il governo deve emanare il decreto con cui assegna gli asset del siderurgico. Intanto anche il governatore della Puglia, Michele Emiliano, chiede che “nell’interesse dei dipendenti” sia consentito di migliorare le offerte.

Il ministero di via Veneto ha fatto sapere di aver ricevuto il parere dell’Avvocatura, che evidenzia come il procedimento per il trasferimento dei complessi industriali di Ilva “non prevede e non consente una fase di rilancio delle sole offerte economiche presentate. Una determinazione in tal senso sarebbe pertanto illegittima”. Una eventuale fase di rilancio, prosegue il ministero, “presupporrebbe una determinazione ministeriale con l’indicazione di dare corso ad una nuova fase competitiva estesa a tutte le componenti delle offerte stesse, con la presentazione quindi non solo di una nuova offerta economica ma anche di nuovi piani industriali e piani ambientali“. E una simile prospettiva “risulta oggi incompatibile con i tempi imposti dalla vigente legislazione per l’attuazione del piano ambientale con la contestuale prosecuzione dell’attività produttiva di Ilva e richiederebbe pertanto un nuovo intervento normativo”. Il Decreto 191/2015, quello che dispone la cessione dell’Ilva a privati, prevede infatti “una articolata procedura di approvazione del nuovo Dpcm che richiede oltre 100 giorni e che deve concludersi necessariamente entro il 30 settembre 2017”.

Secondo Repubblica però Acciaitalia, che già lunedì ha incontrato Calenda ventilando la possibilità di mettere sul piatto altri 600 milioni oltre agli 1,2 miliardi dell’offerta iniziale, non intende darsi per vinta e presenterà una nuova proposta. Di cui, scrive il quotidiano romano, “il governo non potrebbe non tenere conto” se avesse “contenuti industriali sull’occupazione e sull’ambiente interessanti“.

Emiliano dal canto suo ha scritto su Facebook che “bisogna consentire di migliorare le offerte in termini economici e occupazionali perché è “nell’interesse dei dipendenti che potranno così contare su un’azienda da rilanciare; del territorio, che potrà vedere realizzati gli investimenti da troppo tempo attesi; del paese che vedrà finalmente crescere il pil”. Inoltre “per ogni occupato che verrà garantito, sarà realizzato il principio costituzionale del diritto al lavoro. Ogni occupato a cui sarà riconosciuto questo diritto sarà un carico in meno per le casse pubbliche”.”Ovviamente – conclude Emiliano – si deve tenere conto di quello che l’Europa ha già chiaramente detto. Il principio del valore economico dell’offerta non può in ogni caso pregiudicare o essere sovraordinato al contenuto ambientale dell’offerta stessa e ai tempi necessari per l’avvio e la finalizzazione del processo di ambientalizzazione. Attenzione quindi a chi verrà selezionato per comprare”.

 

Articolo Precedente

Tasse, quest’anno il 2 giugno è anche “liberazione fiscale”: dal 3 gli italiani smettono di lavorare per lo Stato

next
Articolo Successivo

Nutella vince contro Delhaize, stop alla campagna contro l’olio di palma

next