Una Repubblica, due parate. Entrambe alle 11,30. Quella ufficiale coi militari in “rivista” lungo i Fori imperiali, quest’anno aperta dai sindaci. E quella che celebra il 2 giugno all’insegna del “difendiamo l’umanità, non i confini” radunando ai giardini di Castel Sant’Angelo le associazi​oni per il disarmo, i diritti civili e l’accoglienza “più due parlamentari”. Alt, perché due? Perché nonostante molti onorevoli si dichiarino vicini al mondo solidale e non violento, al momento di celebrarlo danno forfait. Magari vanno alla festa ufficiale che mette insieme famiglie, mortaretti e istituzioni, magari vanno al mare. Di sicuro non accorrono numerosi alla “Festa della Repubblica che ripudia la guerra”.

Gli organizzatori raccontano di aver puntato sul sicuro, invitando tutti gli onorevoli che hanno aderito all’intergruppo “Parlamentari per la Pace” ma a rispondere e confermare la partecipazione sono stati soltanto due: il deputato Giulio Marcon e il senatore Massimo Cervellini, entrambi di Sel. Sono i più attivi del gruppo nato giusto quattro anni fa (maggio 2013) sull’onda della campagna contro gli F35 e cresciuto nel tempo fino a contare un centinaio d’eletti. Molti dei quali hanno anche messo la firma su una proposta di legge che, fin nel titolo, dichiara una visione alternativa alle celebrazioni da parata ufficiale: “Per una difesa civile non armata e non violenta”. Firmano in novanta circa, ma alla Festa della “Repubblica che ripudia la guerra” saranno probabilmente il due per cento, non di più. “Ho parlato con Stefano Fassina del Pd e Loredana De Petris e mi hanno detto che passeranno, gli altri non lo so ma spero che qualcuno arrivi”, dice, un po’ desolato, Giulio Marcon che in 20 anni ha visto più contro-parate che parate. Ma è il segno dei tempi.

“L’interguppo – spiega al fattoquotidiano.it – era nato quando ancora c’era Monti sospinto dall’onda della campagna contro l’acquisto dei nuovi caccia, ma oggi è ben poco frequentato anche se nei limiti delle sue possibilità ha anche fatto un lavoro importante sul fronte legislativo”. Contava allora 23 parlamentari di Sel, 22 del Pd, 16 del M5S e 4 della defunta Scelta Civica. Calcavano i passi di Luciana Castellina, Stefano Rodotà, Natalia Ginzburg che negli anni Ottanta avevano dato vita all’omonimo gruppo. Loro però in Parlamento ci sono ancora, che fine hanno fatto?

“Il fatto è che diversi esponenti del Pd sono sinceri e onesti pacifisti ma hanno il vincolo della disciplina rispetto alla maggioranza di cui fanno parte. Per obbedienza hanno votato contro la mozione per tagliare la spesa in F35 che pure avevano sottoscritto. Il secondo limite riguarda i Cinque Stelle che non si fidano più, perché quando hanno firmato alcuni provvedimenti insieme al Pd sono poi stati stravolti. Chiaro che se nessuno si fida e fanno tutti da soli l’intergruppo perde slancio e capacità di incidere in Parlamento”.

La proposta di legge d’iniziativa popolare su cui l’intergruppo aveva messo la firma chiede la “riduzione e conversione della spesa bellica ad uso civile e solidale”. Sarà calendarizzata a breve nelle Commissioni Difesa e Affari Costituzionali, dicono i proponenti, ma la legislatura volge al termine. È innegabile che arrivi dallo stesso mondo che forse aveva trovato una rappresentanza nei palazzi della politica italiana e oggi ha l’ennesima conferma di non averla affatto.

I promotori incassano il niet della politica con stile.  “Questa è la risposta delle istituzioni a un invito della società civile, evidentemente il Presidente della Repubblica ha un potere di convocazione più forte del nostro”. La butta sul ridere Martina Pignatti Morano, presidente di Un ponte per, convinta che sia un’occasione persa per la poli​tica. Non solo perché oggi alla “Festa della Repubblica che ripudia la guerra” ci sara​nno le associazioni più rappresentative del mondo pacifista e solidale (Sbilanciamoci, Controllarmi, Forum Nazionale del Servizio Civile e altri) ma perché il “cartellone” propone temi attualissimi verso i quali sapere cosa pensa una fetta consistente di popolazione non sarebbe secondario per chi siede in Parlamento.

“Anche noi abbiamo una parata sa? È quella delle associazioni, dei volontari in servizio civile e delle Ong che si dedicano ai salvataggi in mare e che recentemente sono stati denigrati, anche dalla politica. Ecco, noi abbiamo deciso di fare l’operazione contraria di lodare e onorare questo impegno grazie al quale si salvano 6mila vite in mare. I primi a sfilare, dunque, saranno loro”. Tema che torna nel pomeriggio, alle 15, con l’appuntamento presso sede della Società Geografica Italiana (via della Navicella 12) con un’assemblea: “Obiettare alla guerra e fermare la strage nel Mediterraneo: strumenti e campagne per un’altra difesa possibile”. E se i politici saranno ​ancora ​due sarà un successo.

Non c’è però stupore nella defezione dei “parlamentari per la pace”. E neppure un giudizio se andranno alla parata ufficiale. C’è semmai la constatazione di un dato oggettivo che Mao Valpiana, coordinatore della Campagna Un’altra difesa è possibile, ha tradotto in numeri:  “Nonostante tagli e difficoltà in altri comparti, le spese militari in Italia sono rimaste quasi intoccate: per il 2017 si attesteranno su 23,3 miliardi di euro (in crescita del 20% rispetto al 2006) di cui 5,5 miliardi per l’acquisto di nuovi armamenti. Parallelamente un’ecatombe si consuma nel Mediterraneo: oltre 5.000 le persone sono morte cercando un’alternativa alla guerra, alla miseria e ai cambiamenti climatici sulle nostre coste”. Anche questa contraddizione della politica (di spesa) divide l’Italia delle due parate. Regalandoci il 2 giugno non una, ma ben due Feste della (stessa) Repubblica.

@thomasmackinson

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