Hanno distratto fondi comunitari per oltre 46 milioni di euro investendoli in strumenti finanziari ad altissimo rischio e volatilità. Il problema è che quei soldi servivano per lo sviluppo delle piccole e medie imprese calabresi. Quello che era previsto da anni si è avverato. È scoppiata la bufera giudiziaria in Fincalabra, la società in house della Regione che doveva servire per il sostegno del sistema produttivo regionale e che, invece, oggi è al centro di un’inchiesta della Guardia di Finanza che, con il coordinamento del procuratore Nicola Gratteri, ha sequestrato beni mobili e immobili per un milione e 868mila euro ai cinque indagati.

Si tratta dell’ex presidente della Finanziaria regionale, Luca Mannarino, dei consiglieri di amministrazione Pio Turano e Martino Marcello e di due dirigenti della banca Widiba Spa (gruppo Monte dei Paschi) Francesco Candelieri e Mario Galassini.

Per loro l’accusa è di peculato ai danni di Fincalabra. In sostanza, stando alle indagini del Nucleo di polizia tributaria e del Nucleo di polizia valutaria delle fiamme gialle, dalla fine di agosto alla metà di novembre del 2015, gli indagati avrebbero distratto fondi comunitari per un valore di oltre 46 milioni di euro, affidati dalla Regione a Fincalabra e che erano vincolati esclusivamente al finanziamento di progetti presentati da piccole e medie imprese. Il danno arrecato al bilancio regionale è stato pari a 360mila euro quali provvigioni corrisposte al promotore finanziario, 685mila euro per le spesse sostenute e per le commissioni trattenute da Banca Widiba e 822mila euro quale perdita netta dei titoli acquistati da Fincalabra.

Il Fatto Quotidiano si era già occupato della vicenda quando il nuovo presidente della società in house Carmelo Salvino, poche settimane dopo il suo insediamento, è stato sentito dalla Commissione speciale di vigilanza del Consiglio regionale a cui ha consegnato un dossier su quelle che lui stesso ha definito “operazioni borderline” fatte dal suo predecessore Luca Mannarino. Quest’ultimo gestiva il Fondo di ingegneria finanziaria che, originariamente ammontava a 76 milioni di euro. Soldi che, a un certo punto, senza alcuna spiegazione in parte erano spariti dalle casse di Fincalabra.

Per riequilibrare i conti, quindi, come se fossero “suoi” risparmi l’ex presidente Luca Mannarino ha investito i 47 milioni dei Por 2007-2013 rimasti nelle casse della società in obbligazioni vincolate fino a settembre 2016. Ma per sbloccare quelle obbligazioni e svincolare i soldi investiti, la Regione Calabria ha  dovuto pagare 685 mila euro di commissione d’uscita alla banca del gruppo Monte dei Paschi. Mannarino, da tesoriere di Forza Italia in Calabria, era stato nominato dalla precedente giunta regionale di centrodestra alla guida di Fincalabra e lasciato al suo posto per oltre un anno, fino al dicembre 2015, dal nuovo governatore Mario Oliverio, del Pd.

Proprio in quel periodo, i soldi comunitari che dovevano favorire lo sviluppo di uno dei territori più poveri d’Italia sono stati utilizzati per operazioni finanziarie spregiudicate. Nella relazione di Salvino, riscontrata dalle indagini del pm Fabiana Rapino e del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, infatti si parla di consigli di amministrazioni avvenuti in piena notte d’estate e senza revisori dei conti, banche che accettano la sottoscrizione di titoli “a rischio” nonostante sappiano che si tratta di Fondi Por e che, in quanto tali, si devono attenere a determinate regole. Ma anche cottimi fiduciari senza autorizzazione del consiglio di amministrazione e strani estratti conto di carte di credito.

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